Chevrolet Captiva: Animo TRASGRESSIVO cerca cuore tempestoso
Se si voleva veder valorizzare quell’aria “accattivante” richiamata eloquentemente dal nome, ecco l’allestimento capace di aggiungere un bel po’ di pepe alla ricetta di seduzione del SUV Chevy fatto a “misura d’Europa”. Accade però che un onesto e pur vivace diesel possa cominciare a far fatica a stare dietro alle brame stilistico-grintose della versione. Che tuttavia, non perde nessuno dei 7 posti pensati per escursioni in famiglia.
Per un modello caricato di responsabilità particolari, sia sul fronte dell’immagine sia su quello del marketing, il nome è la prima cosa da non sbagliare. Captiva è un timbro che trovo azzeccato per il ruolo di questo SUV, determinante per l’attacco decisivo di General Motors nel Vecchio Continente. Con uno dei pochi nomi nel panorama degli sport utility vehicle coniati al femminile, colpisce con la giusta dose di vitalità senza risultare invadente, e al contempo ammicca al potere di seduzione che acquista ciò che va al di là degli schemi. Già questo, come confermato da lettori e amici, mette d’accordo il popolo maschile e quello del gentil sesso (il che non sempre risulta così facile).
PEPERONCINO PICCANTE
Studiata a misura dEuropa, ha convinto il management di avere i numeri giusti per sbarcare anche in altre latitudini. A partire proprio da quei tratti somatici che la portano almeno sopra la linea della mediocrità, elemento essenziale per poter sfoggiare l’americanissima croce dorata della Chevrolet, e rendere un semplice frutto di sinergie industriali il fatto che sia stato del primo sport utility generato dall’accordo con i coreani della Daewoo. La lunga cavalcata promozionale iniziata come S3X l’ha lasciata pressoché immutata nell’impatto estetico, “limando” solo qualche muscolosità, che se in nord-america non avrebbero avuto problemi a resistere, evidentemente vogliono slanci di intraprendenza per integrarli ai gusti creativi dei territori d’Europa. Il regno del design, in certi settori è ancora scambiato per conservatore. Così, il suo caratterino piccante lo si intravede meglio facendo raffronti con le classiche e normali station wagon, mentre per fare la “Captiva” tra i SUV farebbe bene una dose supplementare di peperoncino. Quando General Motors ha capito di poter osare un po’ di più, ha pensato di aggiungere spruzzi di pepe allestendo la versione Sport. Proprio quella del test.
Il frontale però non pecca di personalità, e a tratti incisivo, viene reso ancora più “accaptivante” dalle marcate nervature che rialzano il cofano, le fiancate che si estendono a cuneo verso la coda, con lultimo finestrino tagliato “a gomito” come sulle BMW http://www.motorage.it/?p=3859. Poi ci sono le protuberanze dei parafanghi, che la tinta scura da “dark lady” della versione in esame rende molto meno evidenti.
La Sport ha poi stilemi dedicati. Da fuori si notano i cerchi a 5 razze da 18″ con finiture satinate e pneumatici 235/55 R18, gli inserti cromati bruniti per i proiettori, l’alluminio satinato delle barre sul tetto. Gli scarichi ampliati si mettono più in mostra, e cristalli e lunotto sono oscurati, effetto privacy ormai molto “in”.
In coda, i trucchi per snellire il look partono dall’estensione del lunotto e la forma delle luci che affinano la copertura dei montanti. La carrozzeria dark fa ancora più effetto, e se ai lati nasconde la cintura nera che circonda la parte bassa, dà risalto al tocco adventure degli scudi protettivi (che però sono in plastica anche se con tinta metallica). La taglia Captiva si infila tra Honda CR-V e Bmw http://www.motorage.it/?p=3859, ma con i prezzi riesce a fare concorrenza a rivali coreane, anche in versione Sport. L’abitabilità è ritenuta tra i punti forti del progetto, e infatti lo spazio è sfruttato con attenzioni meritevoli per ergonomia e funzionalità. Non a caso i sette posti adottati, non sono un miraggio ambizioso ma una possibilità concreta: gli ultimi due sedili sono accettabili anche per degli adulti. Non con il massimo relax, ma ci stanno. Le due file di sedili posteriori sono anche facili da metter in uso o da far sparire. In particolare conquista punti il sistema congegnato per i due posti della terza fila: usando la maniglia agevolmente raggiungibile dal bagagliaio, lo schienale diventa il fondo del piano di carico. Il divano centrale, diviso 60/40, si ribalta in modo simile, creando un pianale idoneo a carichi extra-lunghi.
Come già affermato in altre occasioni, grafica e assemblaggi appaiono invece “liquidati” con troppa semplicità: almeno servirebbe che tutti i comandi di bordo, e non solo alcuni, mostrassero foggia e importanza adeguati allo spirito di uno sport-utility. Altre pecche dei compagni di gamma inferiori, relativi ad esempio all’impostazione del volante, alla scarsa personalità delle finiture e dei particolari, vengono invece “travolti” dalle cure dedicate all’arredo Sport.
A bordo, infatti, le distinzioni si fanno ancora più evidenti, se non altro per l’impatto creato dalla combinazioni di colori e finiture, e dai i rivestimenti, che devono dare sostegno alla denominazione. Tengono banco i rivestimenti in pelle rossa e nera dei sedili, con il rosso che fa da filo conduttore anche per le cuciture, incluse quelle sulla pelle del volante e del pomello del cambio. Per il tocco techno ci sono le coperture e i listelli carbon look, che appagano il gusto per lo stile. A questo punto verrebbe naturale mettere in conto livelli di grinta e di potere seduttivo paragonabili a livello motoristico. Non a caso, quando Chevrolet si è inventata la versione Sport, ha contemporaneamente portato al debutto nella gamma Captiva un 3.2 V6 a benzina già visto su altri modelli GM, abbinato a un cambio automatico 5 rapporti, e che con 230 CV è diventato la punta di diamante del modello. Ma un V6 così sprezzante non è roba da tutti a queste latitudini terrestri, e quindi il nostro diesel 2 litri VCDi resta ancora il protagonista assoluto, anche dove tutto il resto parLa di Sport.
LA MEDIA DEL DIESEL
Per carità, questo diesel fa egregiamente la sua parte, anche in modo brillante, ma nel mazzo della concorrenza non conquista né onori né sberleffi: è quanto di più “medio” e allineato alla normalità si possa oggi pensare. C’è chi ha rendimenti assai più intriganti con simile cilindrata, ma c’è anche chi fa peggio. E i consumi, manco a dirlo, sono nella media. Il propulsore a gasolio, sviluppato congiuntamente da GM Corea e GM Powertrain, adotta un sistema common-rail Bosch già piuttosto avanzato (con camera di combustione che raggiunge 1600 bar di pressione). Ha monoalbero in testa (SOHC), troviamo la testa in alluminio, il contralbero di equilibratura e il turbocompressore con turbina a geometria variabile. Questo VCDi 2.0 monoalbero, ha nella scioltezza la virtù più apparente nella guida della Captiva. La turbina a geometria variabile esalta la progressività, e negli allunghi permette alla Captiva di fare la sua bella figura. Le vibrazioni sono discretamente contenute a ogni regime, complice il controalbero di equilibratura, e si viaggia tranquilli in autostrada senza dover alzare l’autoradio. Si avvertono di più certi fruisci aerodinamici insistenti se si tengono i finestrini semiaperti.
La trazione è variabile in modo automatico. Normalmente sono in azione le sole ruote anteriori. L’innesto del posteriore è sensibile allo slittamento, ma fortunatamente è veloce: sulla carta di parla di appena 100 millisecondi. Di fatto la reazione riesce a contrastare anche i sovrasterzi di potenza in curve strette o sdrucciolevoli. Uno schema ormai collaudato, con sistema a doppia frizione e controllo elettronico che non perde tempo. Per le sospensioni (con schema di grande attualità) i tecnici hanno impostato una taratura tendente al rigido, azzeccata per la Captiva, che conserva il suo equilibrio anche maltrattando il volante. I controlli dellelettronica sulla stabilità non hanno quindi bisogno di entrare in azione con troppa frequenza, anche rispetto ad altri modelli del segmento. La stabilità si è presa un bel “+” nel giudizio, e anche le gomme da 18” maggiorate hanno portato qualche favore in merito.Risponde veloce ai riallineamenti e ammortizza molto bene dossetti e asperità, per poi irrigidirsi di nuovo sotto sollecitazioni più incisive. La Sport ha il servosterzo ad azione progressiva, il che lo si nota più che altro per la precisione nei cambi di direzione autostradali. Nelle manovre ci si accorge che la visuale posteriore non è granché: su questa versione c’è l’aiuto dei sensori di coda, anche se la loro sensibilità non è sembrata proprio tra le migliori.
La compostezza del comportamento e la ripartizione reattiva della forza motrice sono una compagnia molto gradevole dove le ruote hanno a che fare con la cruda terra. Basta non pensare di poter osare troppo oltre. Laltezza di 20 cm permette di solcare sterrati veloci e piste dissestate tirando fuori il meglio delle doti tecniche: il retrotreno spinge subito per chiudere le traiettorie, le sospensioni resistono ai contraccolpi e non danno segni di facile cedevolezza. Le quattro ruote motrici, una volta attivate dall’automatismo continuano ripartirsi trazione e scaricarla al suolo finché scarseggia l’aderenza, sollecitate anche dal controllo trazione TCS, che però non sortisce grandi effetti se le ruote già non slittano e il veicolo non è in movimento. Il limite è che oltre a mancare di marce ridotte, rispetto ad altri concorrenti la Captiva non ha a disposizione la funzione di bloccaggio della ripartizione tra i due assali, dotazione che dà sempre un sostanzioso contributo all’incisività della forza motrice dove l’aderenza è ostica. C’è di buono che lapparato dellESC che sovraintende ai controlli attivi della stabilità, incorpora un sistema di controllo velocità in discesa detto DCS (Descent Control System), che accompagna la Captiva a valle mantenendo direzionalità. La sportività è più bella con la sicurezza. Come sulle altre Captiva, il comando per ripiegare elettricamente i retrovisori è da segnalare: torna utile in più occasioni.
SCHEDA TECNICA
MOTORE (Euro 4 con fap)
- tipo diesel, 4 cilindri in linea, turbo a geometria variabile, intercooler, un albero a camme (SOHC), 16v
- posizione anteriore trasversale
- alimentazione iniezione diretta common-rail
- cilindrata (cc) 1991
- potenza (CV/kW) 150/110
- regime (giri/min.) 4000
- coppia massima (kgm/Nm) 32,6/320
- regime (giri/min.) 2000
TRASMISSIONE
- trazione 4WD a inserimento automatico e ripartizione variabile, doppia frizione a controllo elettronico, ESC, TCS, assistenza discese, antiribaltamento
- cambio manuale a 5 rapporti
- riduttore no
CHASSIS CONTATTO AL SUOLO
- struttura scocca rinforzata
- carrozzeria 5 porte, 7 posti
- sospensioni anteriori indipendenti, montanti McPherson, molle elicoidali, barra stabilizzatrice
- sospensioni posteriori indipendenti, bracci multipli, barra stab. elementi idraulici
- freni anteriori dischi ventilati (Ø 296 mm)
- freni posteriori dischi ventilati (Ø 303 mm)
- sterzo cremagliera, servoassistenza progressiva
- cerchi 7JJx18
- pneumatici 235/55 R18
MISURE
- lunghezza (cm) 463,5
- larghezza (cm) 185
- altezza (cm) 175,5
- passo (cm) 270,5
- altezza min. da terra (cm) 21,3
- angolo d’attacco 24°
- angolo d’uscita 23°
- pendenza superabile (gradi) 32
ABITACOLO (cm)
- larghezza ant./post. 145,5
- larghezza 2ª fila./3ª fila 145/130
- altezza sedile guida 99/103
- altezza posteriore 102
- spazio gambe 2ª fila/3ª fila 94/69
PESO (kg)
- in ordine di marcia 1.835
- rimorchio max 2.000
VANO BAGAGLI (cm)
- altezza 148,6
- larghezza min./max 90/128
- profondità con 7/5/2 posti 29/103/201
- volume con 7/5/2 posti 85 / 465 / 930
PRESTAZIONI
- velocità max km/h 186
- 0 – 100 km/h 10”8/10
- 0 – 400 metri 21”7/10
- 80-120 km/h 11”8/10
- diametro sterzata (m) 11,5
CONSUMI (litri/100 km)
- urbano 9,5
- extra-urbano 7,2
- a 130 km/h 9,5
- misto 8,4
- serbatoio (litri) 65
- emissioni CO2 (dati costruttore) (g/km) 197
Fabrizio Romano
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