L’ALFA ROMEO ABBANDONA ARESE?
CIAO ARESE – Il 4 gennaio 2010 gli ultimi 229 dipendenti in carico all’Alfa Romeo di Arese nei settori Centro Stile, progettazione e sperimentazione dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) lasciare lo storico sito per trasferirsi a Torino. Una notizia che lascia con l’amaro in bocca per tutta una serie di motivi, dalle difficoltà che si verranno a creare per le famiglie interessate, al fatto che proprio nel 2010 l’Alfa Romeo, nata a Milano, festeggerà i cento anni di vita. Inaugurato nel 1962, lo stabilimento di Arese raggiunse nell’epoca d’oro la bellezza di 20.000 dipendenti. Il lento declino cominciò dal 1974, quando il celebre e bravissimo Presidente dell’Alfa Giuseppe Luraghi fu costretto a lasciare l’azienda, a causa delle dimissioni di alcuni consiglieri d’amministrazione spinte da motivazioni politiche.
Dall’uscita di Luraghi i bilanci peggiorarono, tanto che la Casa del Biscione fu costretta a ristilizzare pesantemente modelli non più giovanissimi, ma comunque graditi ad un vasto pubblico, come Alfetta e Giulietta dando i natali ad Alfa 90 e 75. Mancavano i fondi per vetture completamente nuove, e nel 1980 la Casa di Arese aderì al Progetto Tipo 4 sviluppato con Fiat Auto e Saab, che con la stessa “ossatura” e componentisticahe comuni darà vita a Lancia Thema, Saab 9000, Fiat Croma, Alfa 164.
Nel 1986, la Fiat acquistò l’Alfa Romeo battendo “in zona Cesarini” la Ford. Nuova linfa vitale venne data al Biscione, sulla spinta dell’Amministratore Delegato di allora Vittorio Ghidella. La produzione della 164, progetto del team capitanato dall’Ing. Chirico, portò a pieno ritmo le catene di montaggio dello stabilimento alle porte di Milano, con turnazioni anche il sabato e la domenica. Purtroppo quello fu il canto del cigno. Difficile dire se l’uscita dalla Fiat Auto di Ghidella, al quale si deve anche la SZ (per molti l’ultima Alfa al 100%) fu determinante. Fatto sta che dall’inizio degli Anni 90 il sito di Arese fu progressivamente smantellato, con la chiusura in ordine cronologico di fonderia; produzione piattaforma D (Alfa 75); realizzazione trasmissioni; produzione piattaforma E (164) e motore 4 cilindri bialbero 8 valvole; carrozzeria e abbigliamento e infine propulsore V6 “Busso” nel 2005.
Una flebile speranza fu data dalla GTV e Spider nel 1995, ma già a settembre 2000 la linea di montaggio di tali sportive fu trasferita presso Pininfarina. Svanita anche la prospettiva di un polo per la realizzazione di auto a basso impatto ambientale. A tale proposito venne creata la piattaforma VAMIA che si avvaleva delle eccellenze del Centro Tecnico. Una realtà che poteva indurre il marchio milanese alla realizzazione di vetture ad alimentazione ibrida, con largo anticipo sulla concorrenza mondiale, ma che di fatto rimase lettera morta.
In sostanza le ultime realtà rimaste ad Arese, che chiuderebbero il 4 gennaio prossimo, sono: progettazione, sperimentazione e Centro Stile Alfa Romeo. Quest’ultimo fu inaugurato il 24 giugno del 1992, divenendo una realtà internazionale e luogo ideale per tramandare il verbo della Casa milanese alle nuove generazioni.
Secondo la nostra personalissima opinione il trasferimento di queste ultime attività sarebbe da riconsiderare. Alfa Romeo è un marchio di grande prestigio e come tale ha bisogno del rispetto della tradizione, mantenendo un cuore pensante ad Arese strettamente collegato con il Museo Storico e le relative vetture leggendarie dalle quali trarre ispirazione. Non sarà un caso che altre realtà automobilistiche di grande spessore come Audi, BMW, Bentley, Mercedes e Porsche, citando solo alcuni esempi, abbiano mantenuto la progettazione (e non solo) nei luoghi d’origine. Del resto anche nel Gruppo torinese stesso si attua la medesima filosofia, con Fiat, Lancia a persino Abarth (con tutto il rispetto parlando) a Torino, Ferrari a Maranello e Maserati a Modena. Non vediamo perché proprio Alfa Romeo debba rinunciare definitivamente ad Arese. Si dice una questione di crisi, d’accordo. Ma allora perché non realizzare la famosa Casa Alfa al Centro Direzionale, con tanto di vendita, assistenza, restauro vetture storiche, pista (c’è già e basterebbe sistemarla) e merchandising? Vi sarebbe un continuo pellegrinaggio di alfisti, con tutti gli introiti che ne derivano e probabilmente sufficienti a mantenere in attività progettazione, sperimentazione e Centro Stile. Sarebbe un’operazione grandiosa di valorizzazione di un marchio dal quale, giova ricordare, è nata persino la Ferrari.