LE ALFA ROMEO INCOMPIUTE
STORIE DI OCCASIONI PERDUTE:
ECCO UN ALTRO CODICE DA DECIFRARE PER MARCHIONNE
Dal 1987 a pochi anni fa vi sono stati modelli e soluzioni tecniche “Made in Alfa Romeo” di rilevante importanza che non si sono tradotte in realtà produttiva. Ripercorrerne pur brevemente i passi, non fa male.
Esempio di quest’apertura è un coupé a 10 cilindri; i tecnici di Arese vi hanno lavorato nel 1988 e nel 1989. Si trattava di una vera supercar, con trazione rigorosamente posteriore e struttura in materiali compositi. Questa sportiva estrema poteva rivelarsi particolarmente interessante per il mercato Nordamericano, oltre a trovare sicuri estimatori tanto nel Vecchio Continente quanto in Giappone. LAlfa Romeo è pur sempre un “Mito”, lì, forse ancor più che da noi. Purtroppo il “super” coupè sviluppato dallAlfa Engineering (promettente realtà di giovani ingegneri dislocata al Centro Tecnico di Arese di allora) non vide mai la luce. Sottotono fu anche la sorte del propulsore 10 cilindri. Tale unità dalle grandi raffinatezze tecniche fu originariamente pensata per limpiego su una 164 destinata alle competizioni PRO-CAR, categoria “soffocata sul nascere” a causa del disimpegno di altri costruttori che dovevano farne parte.
In sostanza quando la Fiat arrivò ad Arese trovò notevoli capacità progettuali e persone innamorate dellAlfa Romeo di cui utilizzare le competenze anche per gli altri marchi del Gruppo. Due esempi in proposito: la sperimentazione di Lancia Delta HF Turbo terza serie e Fiat barchetta, ma ve ne sono molti altri. Inutile dire che creando il propulsore a 10 cilindri, la Casa del Biscione si dimostrò ancora una volta in anticipo sui tempi, tanto è vero che tale frazionamento non solo si sarebbe impiegato qualche anno più tardi in Formula 1, ma avrebbe trovato applicazione anche su vetture di grande prestigio prodotte da Audi, BMW, Lamborghini e ultimamente anche Lexus. Unoccasione mancata, si dice, per questioni di budget e perché le risorse dovevano essere dirottate su una berlina a trazione posteriore, votata a sostituire la 155 (che teoricamente era destinata a fare da modello ponte tra la obsoleta 75 e un nuovo modello).
La berlina a trazione posteriore in questione non arrivò, ma in compenso la 156 comportò un grande rilancio per lAlfa Romeo, complici uno stile indovinato e la differenziazione tecnica. Tornando alle incompiute, nel periodo seguente il 1991 si fece molto parlare della concept car Protéo, la prima coupé-cabriolet al mondo con tetto retrattile completamente trasparente. Filante e compatta, la vettura era opera del Centro Stile Alfa Romeo di Arese diretto da Walter De Silva, oggi gran capo dellintero design del Gruppo Volkswagen. Ma la Protéo, il cui motore era un V6 3.0 24 valvole da 260 CV (ironia della sorte la stessa potenza dellodierna Brera 3.2 V6) aveva anche unaltra soluzione fortemente innovativa, ovvero le quattro ruote sterzanti. Purtroppo la Protéo, nonostante abbia fatto gioire gli alfisti di tutto il mondo alle rassegne in cui fu esposta, rimase un puro esercizio di stile. La soluzione “CC” coupé-cabriolet con tetto retrattile fu ripresa dalla Mercedes-Benz SLK del 1996, creando un filone di vetture che interessò tanto altri marchi di prestigio quanto brand generalisti e ancora oggi appare decisamente in auge. E che dire delle quattro ruote sterzanti? Oggi sono impiegate nientemeno che dalla BMW Serie 7, le usa il gruppo Toyota, piacciono a Subaru, e potrebbero concretizzarsi in ben altre applicazioni.
Un altro capitolo delle incompiute Alfa, meno eclatante ma significativo, è quello rappresentato dalle versioni a specifiche USA di GTV e Spider. Queste erano giunte ormai alle fasi finali di collaudo, e le prime foto ufficiali diffuse ritraevano queste sportive con le tipiche luci dingombro laterali. Fatto sta che improvvisamente venne deciso di ritirare lAlfa Romeo dal mercato Nord Americano e le GTV e Spider trovarono ufficialità commerciale solo in Europa e pochi altri mercati.
Ma non finisce qui: nel 1996 comparve al Salone di Parigi lAlfa Romeo Nuvola, lussuoso coupé a due posti secchi (ancora, Centro Stile di Arese). Il telaio spaceframe a struttura modulare poteva adattarsi anche ad altre carrozzerie, mentre la trazione integrale permanente e le sospensioni a doppi triangoli sovrapposti sui due assali lasciavano presagire performance genuine. Inoltre, sotto il lungo cofano alloggiava in posizione longitudinale il noto V6 2.5 Alfa, in una configurazione completamente inedita a due turbocompressori. La Nuvola non ebbe seguito produttivo, ma il V6 biturbo (308 CV di potenza) avrebbe dovuto essere impiegato sulla berlina ammiraglia 166. Già, avrebbe dovuto. Anche in questo caso furono svolti collaudi sui prototipi, ma la 166 non prese mai quel propulsore biturbo, che cadde nel dimenticatoio. Per dovere di cronaca una acerrima rivale come la BMW ha fatto leva sui suoi bravi Twin Turbo a benzina, segno che gli spazi sul mercato per sviluppare tecnologie del genere cerano.
Fortuna vuole che finalmente un capolavoro come la 8C Competizione, progettata interamente allAlfa Romeo di Arese tra il Centro Stile (allepoca diretto da Wolfgang Egger, oggi allAudi) e il Centro Tecnico, sia andata in produzione. Risultato: tutti i 500 esemplari sono andati venduti ancor prima di essere prodotti, un ritorno dimmagine impareggiabile per la Casa di Arese nonché il riallacciamento a soluzioni di alto spessore tecnico quali la trazione posteriore, il cambio in blocco al retrotreno, le sospensioni a quadrilateri deformabili su entrambi gli assali, senza dimenticare la scocca in fibra di carbonio. Anche nel caso della 8C Competizione cè stato un lungo “tira e molla” sul doverla produrre o meno, ma poi si è avuta la determinazione necessaria per realizzarla, pare con il benestare firmato di Sergio Marchionne in persona, assieme quello per la versione Spider altrettanto affascinante.
Oggi, purtroppo, si assiste allo smantellamento dei reparti di progettazione, sperimentazione e Centro Stile Alfa Romeo di Arese, realtà che vedono impiegate persone di notevole qualità professionale. Non vorremmo che questo straordinario bagaglio culturale, che secondo le intenzioni dellazienda si trasferirebbe a Torino, andasse perduto. La chiusura di Arese, oltre ai notevoli disagi per le persone interessate, assume il sapore di uno sberleffo ad un marchio nato a Milano e che si appresta a festeggiare il proprio centenario tra pochi mesi. E proprio perché stimiamo la storia dellAlfa Romeo, riteniamo che il futuro del marchio possa esaltarsi avendo una “testa pensante” nei luoghi dorigine. È la stessa filosofia su cui puntano la maggior parte degli altri brand automobilistici, esteri e non solo, le cui professionalità, inventiva e identificazione nellazienda vengono valorizzati.
Il futuro dello stile italiano “made in Alfa” dipenderà anche dal valutare ciò.
Con il placet di Marchionne.
Gianmarco Barzan
25/11/2009 – 00:50