FIAT-CHRYSLER: INIZIA IL GRANDE CAMMINO
Lanciate le basi delle strategie commerciali. Dal Marchionne pensiero si delineano scambi e programmi razionali, insieme a una certa acutezza nella valorizzazione delle culture motoristiche dei Brand protagonisti
Lo scorso 4 novembre, in una conferenza durata più di sette ore, è stato illustrato ad Auburn Hills il piano quinquennale per Chrysler, frutto della regia di Sergio Marchionne, Ceo di Fiat e della Chrysler stessa. Con l’impegno del management Fiat e degli americani, la Chrysler è tornata nel mese di settembre al pareggio operativo. Gli obiettivi di bilancio sono: utile operativo per il 2010 e utile netto nel corso del 2011.
Tra gli aspetti più importanti sono state illustrate le mission dei vari brand, nonché le strategie di interscambio tra il Gruppo italiano e il suo partner d’oltreoceano, che rappresenta il terzo gigante USA nel settore auto. Entro il 2014 la realizzazione delle vetture Chrysler sarà effettuata su sette piattaforme, di cui tre provenienti da Fiat, contro le undici attuali. Si tratta di un piano mirato a sfruttare quanto più possibile le sinergie di gruppo, a beneficoo dei costi di progettazione, sviluppo, acquisti e produzione, come del resto avviene per la totalità dei global player automobilistici.
Scendendo in qualche dettaglio, nel 2010 terminerà la produzione della Jeep Commander, mentre nel 2011 la pensione arriverà per la sportivissima Dodge Viper e la Dakota, nonché per la Chrysler Sebring. Nel 2012 usciranno di listino le Jeep Compass e Patriot, le Dodge Caliber e Avenger e la Chrysler PT Cruiser. Il rinnovamento progressivo della gamma non si farà però attendere, tant’è che già nel prossimo anno Chrysler porterà al debutto sostanziosi restyling della Jeep Grand Cherokee e della 300C.
Quanto allo scambio tecnologico a livello motoristico, Fiat Group fornirà a Chrysler i propulsori “compact”, compresi gli ultimi dotati di MultiAir, i turbodiesel JTD da 1,6 a 2,0 litri e il 1.8 turbo a iniezione diretta di benzina. Quest’ultimo, progettato ad Arese, vanta le prestazioni di un tre litri aspirato, nonostante la cilindrata di 1.742 cc effettivi, ed equipaggia attualmente le Alfa Romeo 159, Brera e Spider, nonché la Lancia Delta. Quanto alla tecnologia MultiAir, troverà luogo nell’ambito della gamma Chrysler a benzina nella fascia tra i 2,0 e i 2,4 litri, mentre sul fronte delle trasmissioni Fiat “offrirà” il nuovo cambio C635 a 6 marce con doppia frizione. Di fatto, Fiat Group potrà accedere al know-how Chrysler in termini di trasmissioni e sistemi per vetture ibride a cominciare dalla trasmissione Two Mode (retaggio di una collaborazione tra “l’ex Daimler Chrysler”, BMW e General Motors).
Tornando ai propulsori, Chrysler metterà a disposizione il nuovo 6 cilindri a V a benzina, denominato “Pentastar”. Questi dovrebbe equipaggiare le ammiraglie di Alfa Romeo e Lancia e, nel campo delle previsioni, un’eventuale berlina Maserati più compatta della Quattroporte. In pratica il Pentastar andrà al posto del 6 cilindri a V Alfa Romeo, propulsore nuovissimo e che nei fatti non vedrà mai una concreta produzione. Peccato, perché tale unità è frutto delle grandi esperienze dei tecnici di Arese maturate sul “V6 Busso”. Sembra però che non tutto il lavoro impegnato andrà perduto, poiché si parla del trasferimento sul Pentastar di specifiche Alfa, quali l’iniezione diretta di benzina, la sovralimentazione mediante uno o due turbocompressori, oltre naturalmente al sistema MultiAir. Facile inoltre ipotizzare l’accesso dell’Alfa Romeo alla piattaforma della Chrysler 300 C, che vedrebbe il grande ritorno della trazione posteriore su un’ammiraglia del Biscione.
Più complicato capire invece quando l’Alfa Romeo tornerà in Nord America, operazione oggi ancor più doverosa ma ancora con il punto di domanda. In tal senso si ipotizza il debutto della MiTo all’inizio del 2013, cui farebbero seguito la berlina media conosciuta come “Giulia” e la compatta Milano. Ma oggi come oggi l’unica certezza, per quanto riguarda le vetture Fiat Group vendute oltreoceano, è lo sbarco della 500 alla fine del 2010. Quanto alla Lancia si è evidenziato un certo parallelismo con Chrysler, ragion per cui vi è la possibilità di sinergie tra i due marchi, tra cui operazioni di brand engineering.
Se c’è però da ritenere che una Delta con marchio Chrysler avrebbe probabile successo in Nord America, considerati eleganza e comfort tendenzialmente adatti
al mercato “a stelle e a striscie”, più difficile è supporre la vendita
di vetture marchiate Lancia negli USA. Troppo debole il peso di notorietà del marchio tra gli yankees. Il ricordo migliore è legato soprattutto alla leggendaria Aurelia B24 America voluta e ottenuta negli Anni 50 da Max Hoffmann, celebre importatore di supercar europee entrato nella “hall of fame” dell’auto. A pochi tornerà invece alla mente la Scorpion degli Anni 70, alias Beta Montecarlo quale ultima Lancia esportata negli States.
L’Alfa Romeo ha invece un pubblico di estimatori molto più ampio (basti pensare agli oltre 100 club sparsi negli USA), nonché storia e prestigio radicati. Nella strada alla commercializzazione oltreoceano, si dovrà verosimilmente scegliere se puntare totalmente su vetture da grandi numeri (come 500, MiTo e Milano, appunto) attraverso una rete capillare, o dedicare sforzi e risorse anche a modelli di nicchia come coupé e spider. Magari attraverso la rete Maserati.
Di fatto, guardando il business plan uscito da Auburn Hills, a Marchionne e al suo staff va riconosciuta una cosa: avere evitato di fare un “pastone industriale” come qualcuno temeva (o auspicava) interpretando invece con una certa sensibilità le realtà delle due sponde dell’Oceano. Nel rilancio di Chrysler negli States si può leggere una solida attenzione verso quelle che sono le tradizioni e le potenzialità dei Marchi, da Dodge (separata dal rude marchio Ram) a Jeep. Al grido di “the Brand is Strong”.
Comunque sia, facciamo i migliori auguri al Marchionne pensiero. La completa riuscita dell’affaire Fiat-Chrysler è di vitale importanza, in USA come in Italia. Se vincerà Marchionne avremo vinto tutti.