Opel Antara
Look da passerella e spirito avventuroso
Il marchio della saetta fece di tutto per presenziare nel settore, anche in accordo con Chevy. Antara ha seguito la tendenza dei SUV/crossover 4wd, quelli dall’intrigante polilvalenza, ma senza arrischiarsi in eccessi. Come una ragazza dall’anima trasgressiva e che si veste un po’ chic, fuori e nell’intimo. Il diesel svetta sempre per le preferenze, anche se col cambio manuale pare abbia qualche briglia, da cui si libera con l’automatico.
Viene da taluni definita la sostituta del glorioso Frontera, anche se il passaggio di consegne tra le generazioni, se così lo si può definire, è avvenuto senza fretta. L’accostamento tra i due modelli è in realtà forzato, perché da un fuoristrada strutturalmente classico la Opel è passata a uno sport-utility con tendenze da crossover, affermate dal suo obbiettivo di “attraversare” più segmenti di mercato, con comfort da buona berlina, aria sportiveggiante, qualche funzionalità tipicamente outdoor, e una discreta attitudine per il fuoripista leggero. Ciò è espresso stilisticamente in modo intelligente e gradevole, anche se la ventata di originalità sfacciata, quasi nervosa del primo prototipo GTC è stata ammorbidita. Per farla piacere un po’ a tutti, il carisma delle superfici tese e del carattere dinamico si è plasmato nei più noti e famigliari stilemi che accomunano la gamma Opel, come la grande barra cromata a supporto della “saetta” integrata nella calandra a trapezio.
RAGAZZA RIBELLE – A spingere il design verso il dinamismo sono le linee pulite e lo slancio delle fiancate. Il rialzo di un’ampia porzione del cofano, e la conseguente impressione dei parafanghi a sbalzo, è invece una caratterizzazione che fa molto SUV, come il profilo della cintura inferiore in nero opaco e i paraurti con gli evidenti scudi in tinta tech-metallica, che però sono di plastica. Traspare anche la robustezza, che nell’insieme rende più attraenti le forme con ammiccamento adventure. Ci ricorda qualche nota modella del gossip, ragazza ribelle che veste il suo spirito trasgressivo con un elegante abito da passerella.
Tra i virtuosismi estetici, meritano una citazione le grigliette dietro i passaruota, che danno un tocco sport all’abito dell’Antara. Sempre senza strafare, i dettagli alla ricerca di individualismo non mancano neppure in coda; si veda la profilatura del portellone intorno ai gruppi ottici, la grossa barra cromata sotto il trapezio che integra la targa, il paraurti che si alza visibilmente a protezione degli angoli. Alla fine, rispetto alla cugina Chevrolet Captiva con cui sono condivisi progetto e meccanica, restano pochi i particolari comuni.
COUNTRY DENTRO – Gli interni, poi, sono personalizzati Opel: per convincere fa accenno alla sportività, si amalgama e non sovrasta l’impronta robusta dei materiali, dei montaggi e delle forme. Anche le impunture della pelle utilizzata per ricoprire i sedili della più raffinata versione Cosmo, sono fatti per ricordare più il cuoio di una sella che le comodità salottesche. Per l’acquirente però, gli oltre 30.000 euro da spendere possono sembrare ugualmente tanti, anche in virtù delle abbondanti dotazioni di serie e della generosità del motore 2.0 CDTi su cui si concentra la nostra prova, e che sarà in cima alla lista delle preferenze rispetto ai benzina 2.4 (proposto solo con l’allestimento Edition) e 3.2 V6 (abbinato all’allestimento Cosmo)
Nel bel disegno della consolle centrale sono tre e di grandi dimensioni le bocchette tonde che distribuiscono il flusso del climatizzatore, come tre sono le razze del volante e tre gli strumenti circolari intorno al visore digitale integrati nel cruscotto. L’insieme, comprese la buona fattura delle coperture in simil-titanio della consolle, ricorda i propositi da sport-utility dell’Antara.
Ben integrato il display del navigatore, e simpatica è la simmetria stilistica creata dalle due impugnatore tra i sedili, di cui quella dalla parte del guidatore ha la funzione di freno a mano. Ciò di cui si avverte la mancanza, in modo perfino imbarazzante, è la disponibilità di qualche vano, pertugio, o infossamento che permetta di appoggiare degli oggetti, per non dire delle lattine o del posacenere, che debbono essere confinati nel posto a loro dedicato nelle tasche delle portiere.
CORREZIONI NELLO SPAZIO – Peccato, perché per altri aspetti lo spazio è ben congeniato, e senza dover pensare a offrire sette posti come fa la cugina Chevy, privilegia più la comodità dei passeggeri che la spaziosità per i bagagli. Se a bordo tutti i sedili sono in uso, il piano di carico, alto per nascondere una ruota di scorta full-size, non mette a disposizione che 370 litri; non moltissimi per un veicolo lungo 457 centimetri. Il volume aumenta fino a 865 litri ripiegando in avanti le due parti dello schienale posteriore e fino a 1.420 litri riempiendo l’Antara fino al soffitto.
L’asso nella manica è la flessibilità d’uso congeniata dalla Opel. Lo schienale del sedile anteriore destro si ripiega in avanti per lasciare spazio a oggetti lunghi fino a 2,63 metri, e il sistema Flex-Organizer, già adottato da altri modelli della gamma, permette di sfruttare meglio il bagagliaio grazie a reti, divisori e ganci applicabili alle due guide laterali. Particolare per gli appassionati della pedalata, è la possibilità di ordinare l’Antara con il sistema Flex-Fix, ovvero il funzionale supporto che si sfila dal paraurti posteriore e che è predisposto per il trasporto delle bici.
Il sedile di guida è regolabile in posizione gradevolmente ed efficacemente alta (anche la seduta del passeggero è elevata, ma senza regolazione in altezza). La posizione davanti al volante è istintivamente abbastanza verticale, da SUV più che da sportiva, anche perché è la stessa seduta dei sedili anteriori, non lunghissima, che richiede di tenere lo schienale poco inclinato per evitare di ritrovarsi con poco sostegno per le cosce. La visuale e valutazione della sagoma meritano quindi un punto positivo, ma per un ulteriore aiuto si sono i sensori posteriori e anteriori del Park Pilot.
Se si usa il cambio manuale, la sensazione di veicolo robusto si avverte appena sollevato il piede dalla frizione. Questo anche perché la taratura del 2.0 diesel (con filtro antiparticolato di serie) richiede convinzione col pedale del gas per muoversi senza incappare nei vuoti di potenza (conseguenze delle omologazioni “pulite”? E che comunque sono Euro4). Una volta in movimento il motore riesce a esprimersi meglio, ma vuole sempre una certa collaborazione dall’uso del cambio.
GUADAGNARE AL CAMBIO – Anche per questo l’Antara è uno di quei veicoli a cui riteniamo meglio si addice il cambio automatico, che è sveglio, non soffre di sindromi da assorbimenti di potenza da parte del convertitore, ed è anche dotato di un pizzico di pepe, utilizzabile a piacere nella modalità sequenziale. Docile, e all’occorrenza divertente. Si riesce perfino a tirare fuori le doti di agilità dello chassis, ben impianto a terra. La generale sensazione di morbidezza è dettata dal comfort dell’ammortizzazione, ma non eccede in mollosità. In estensione le sospensioni fermano con buona decisione le oscillazioni e mantengono quella solidità di assetto che sa dare a chi guida una sensibilità quasi sportiveggiante nell’infilare le traiettorie. I bracci del multilink posteriore controllano bene le reazioni e trattengono il retrotreno sulla retta via. Lo sterzo dalla buona precisione e il passo lungo sono un altro punto a favore della stabilità. Quando si abbonda col gas si nota semmai la tendenza ad allargare le curve, ma con una progressività che si gestisce d’istinto. Al limite è l’elettronica del controllo stabilità a intervenire su alimentazione e freni per ristabilire la direzionalità, il che, come ha dimostrato il test, richiede da chi guida una certa cattiveria nel maltrattare acceleratore e volante. Evidentemente, l’ESP è tarato per lasciare una certa libertà di azione.
BOSS DI GAMMA – Il 2.0 diesel sa farsi valere, anche se a volte, quando è messo alle strette, con fatica. Alla potenza di 150 CV, lodevole per la cilindrata, corrisponde un’erogazione piena e decisa nel range dei regimi medi e medioalti: basta sollecitare con il gas o i freni la risposta del cambio automatico in Drive (apprezzabile l’interpretazione “intelligente” delle necessità di guida) oppure mettere a frutto la duttilità del modo sequenziale. Con il cambio manuale, come detto, serve un oculato uso dei rapporti. La prontezza si offusca ai bassi regimi, oppure quando nelle curve serve un rapporto più corto per riprendere con un certo brio. Ma nella guida standard, più nella norma, vengono fuori soprattutto i lati migliori dell’Antara.
In autostrada si fanno annotare la buona in sonorizzazione, la disponibilità del motore diesel nelle riprese sopra i 120 km/h, e il servosterzo che con effetto proporzionale alla velocità non conosce sensazioni di virtualità. Anche a velocità massima l’abitacolo è ben isolato e si può conversare tranquillamente con toni da salotto.
ISTINTI OUTDOOR – La trazione, in condizioni di guida standard, è sulle ruote anteriori. A farla diventare 4wd senza tentennamenti, appena l’aderenza scarseggia, provvede la gestione elettronica ITCC (Intelligent Torque Controlled Coupling) che ripartisce la forza motrice tra gli assali attraverso un differenziale con accoppiamento elettromagnetico e uno idraulico multidisco. Il trasferimento è effettivamente veloce nel variare la sua proporzione, che può arrivare fino al 50:50. Lo abbiamo appurato su strada, e naturalmente lo si è sfruttato al meglio quando il tracciato si è fatto di terra e fanghiglia.
L’Antara segue con autorevolezza la conformazione del fondo ma non si infossa facilmente negli avvallamenti e soprattutto non rimbalza nelle buche. Sulla scarsa aderenza della terra, scivola nelle curve mantenendo buona trazione. Un comportamento che afferma il piglio fuoristradistico dello spirito Antara. L’altezza da terra non mette patemi e la motricità prontamente ripartita permette di manovrare l’Antara sullo sconnesso in modo spigliato, situazione in cui il controllo trazione TCS offre il miglior contributo al sistema 4wd.
Pur mancando il riduttore, si ricontra anche una discreta attitudine sui passaggi in salita, benché il gruppo delle frizioni al lavoro dimostri uno stato di stress. Il cambio automatico, comunque, in questi casi conferma il suo buon contributo, permettendo di contenere la velocità per affrontare buche e solchi trasversali. Per le discese ripide, a dare sicurezza c’è la funzione DCS che innestata sotto i 50 km/h, accompagna il veicolo a valle ad andatura frenata e controllata elettronicamente. Alla fine la gestione delle 4 ruote motrice riesce a non far sentire troppo la mancanza di un bloccaggio manuale della trasmissione.
Non a caso, terminato il test rimangono alla mente più altre cose. Per le dimensioni equilibrate, il connubio tra dinamismo e buona solidità da veicolo tuttoterreno, per la flessibilità e per la notevole polivalenza, riesce a piacere.
PREZZI ANTARA 2.0 16v CDTI
Antara 2.0 16v CDTi 2wd Edition Plus 28.600
Antara 2.0 16v CDTi Edition Plus 31.600
Antara 2.0 16v CDTi Cosmo 33.300
A favore
* il look ha lampi di personalizzazione lodevoli
* interni intriganti per progetto grafico e doti di comfort
* maneggevolezza stradale e sui terreni accidentati.
* la progressività del diesel esalta il cambio automatico. Intuitivo l’uso sequenziale
* trazione 4wd reattiva
* ingegnosi i sistemi per il carico e il trasporto di bici
Debolezze
* fastidiosa la non disponibilità di qualche portaoggetti in consolle
* col cambio manuale, il diesel mostra vuoti e incertezze in fase di avvio
* peccato non possieda una funzione di blocco in 4wd. È tutto sotto la decisione dei chip * la capacità del bagagliaio è mediocre
Autore/i: Fabrizio Romano
Pubblicazione: 17/05/10 – 19:47