ENERGIA ALTERNATIVA: quello che vorreste sapere e…
La libertà di movimento è sempre più verde
Le alchimie e i test contro la dipendenza dal petrolio viaggiano su una manciata di idee base, interpretate e personalizzate dai grandi gruppi. Vediamo cosa, come e perchè si profila sul mercato.
Ogni marchio leader ha la sua bandiera da sventolare. È una questione di responsabilità, di blasone e immagine aziendale. Una corsa contro il tempo, tra successi e polemiche.
Tutti hanno investito su strade alternative al petrolio. Studiare e produrre veicoli “eco-compatibili” è diventato il vanto da sfoggiare per ogni costruttore. Il che è che moralmente e politicamente corretto, ma fa esplodere i costi.
Come analisti in vena di filosofie, si potrebbe persino azzardare che gli ideali di libertà dello sport-utility acquistano una nuova dimensione, ancora più evoluta e moderna quando si riesce in qualche modo a slegarsi dalla dipendenza dal petrolio. Il primo diktat insieme a quello dell’ecologia.
È la base che fa la differenza – L’abbattimento dei consumi fa bene alle emissioni, ma abbiamo visto che non basta; è il prodotto da cui ricavare energia che farà la differenza. I killer pericolosi per l’ambiente sono molti e diversi. Oggi temiamo anche il CO2 che è anidride carbonica, gas usato anche per rendere frizzanti le bibite. Non è inquinante, ma è tra i responsabili delleffetto serra (anche se le auto contribuiscono per non più del 10 – 12 per cento).
La sfida si fa tenace sull’ibrido, continuamente evoluto, tra tante difficoltà, verso l’innalzamento dell’efficienza, osannato da alcuni e considerato come “una pezza” aggiustativa dall’altra, in attesa della soluzione totale.
Gli esempi messi in commercio, da Lexus a Toyota, da Ford a GM (dal 94) a Honda, hanno dimostrato finora risparmi non superiori al 15/20%, ma è lecito aspettarci che con lincremento della capacità energetica delle modalità elettriche, il motore a combustione interna verrà usato sempre meno (forse solo nei lunghi spostamenti). Senza contare che la propulsione a kilowatt offre coppia motrice immediata e continua, appena in movimento. Ovvero il plus ultra dellalta mobilità.
La corsa alle batterie al litio ha rallentato e rallenta il debutto di qualche blasonato modello, ma concept e annunci di nuovi arrivi si susseguono. Il prossimo biennio è infarcito di ibridi ed elettrici.
Caricata di speranze e di polemiche, la selezione impietosa la fa la corsa all’idrogeno, che oltretutto non è una vera fonte energetica ma un vettore. I veicoli laboratorio sprizzano sogni a emissioni “zero”, anche se molti esperti ne vedono un futuro quando potrà essere prodotto da una fonte rinnovabile e non con l’elettrolisi, come propongono gli attuali prototipi.
BOX ANALISYs
Biocarburanti – La pozione magica Sono carburanti estratti da materie prime agricole, biomasse, e per questo considerati fonti denergia rinnovabili. Sono però da vedere come un’opzione energetica per ridurre la dipendenza dal petrolio e l’effetto serra, non dei sostitutivi: i terreni coltivati non sarebbero in grado di soddisfare le richieste e rendere i mercati autosufficienti. Nulla di inedito comunque; pochi sanno che il primo motore a gasolio inventato da Rudolf Diesel nel 1893 funzionava proprio con olio di arachidi.
Nel corso del ventesimo secolo al carburante dorigine vegetale venne però preferito quello d’origine fossile, prodotto dalla nascente industria petrolifera, più economico. Ora il “Bio” risulta perfino competitivo. Con il progetto BEST Bio for Sustainable Transport la commissione europea ha inaugurato un piano di rilancio del biocarburante, imponendo ai Paesi membri di soddisfare quote crescenti della domanda di caburante con bioetanolo o biodiesel. Per i sostenitori, le fonti rinnovabili oltre a ridurre l’inquinamento, offrono nuove opportunità imprenditoriali e lavorative, il recupero di zone rurali e il risparmio nelle importazioni di combustibili. Per contro, la commissione dei diritti umani dell’Onu ha sollevato critiche sulla diffusione dei biocarburanti, o meglio sulle industrie che hanno portato all’aumento del prezzo del granoturco, e quindi del rialzo del costo del cibo che mette ulteriormente in crisi le popolazioni più povere. Lallerta è chiara: “produrre fonti di cibo e poi bruciarlo nei motori è un crimine contro l’umanità”.
Due verità in contrasto. Di fatto, si stanno studiano fonti diverse, celluloidi, resti legnosi e detriti da cui ricavare biocombustibile, in modo economicamente vantaggioso.
Il bioetanolo è etanolo prodotto dalla fermentazione di prodotti agricoli ricchi di zucchero, quali i cereali. Utilizzato come componente per benzine, miscelabili in determinate percentuali fino al 20% senza modificare il motore o fino ai limiti del puro nei propulsori Flex di nuova generazione, riduce le emissioni di CO2, SO2, di idrocarburi e particolato. In Brasile e Svezia lo utilizzano da tempo alla pompa, lamministrazione americana lo ha pratiamente imposto, e sta trovando i suoi spazi anche in Europa.
E85: Alimentazione “Flessibile”
In Europa i Paesi del si sono posti un passo avanti agli altri neilluso dei motori flexi-fuel capaci di consumare carburante normale oppure E85 (85% bioetanolo, 15% benzina), come i sollecitati costruttori americani: il governo USA sta puntando molto sullo sviluppo massiccio del bio, e sempre più Stati dell’Unione pretendono propulsori funzionanti a E85. per rientrare nelle normative. I brand a stelle e strisce sono leader soprattutto per SUV e truck che bevono mix E85.
In molti mercati europei i modelli sono distribuiti… La domanda era: “ma che ci facciamo se non si può fare rifornimento?” Come sempre la tecnologia arriva prima della funzionalità. Ora però i governi stanno investendo per installare distributori di E85 in centinaia di stazioni di servizio (Fiat potrà ora adottare i motori E85 anche qui, oltre che in Brasile). Rispetto alla benzina verde a 87 ottani, lE85 oscilla tra 100-105 rendendolo un combustibile high-performance. I Ford con sistema FFV producono il 5% di potenza in più quando funzionano con E85.
Il biodiesel da parte sua, è un combustibile ottenuto interamente da olio vegetale (colza, girasole o altri) e ha una viscosità simile a quella del gasolio per autotrazione. Usato come additivo può migliorare il potere lubrificante, per alte percentuali o per biodiesel puro, un motore deve avere molte parti compatibili. Il biodiesel ha un numero di cetano superiore al gasolio, pertanto la resa negli iniettori è favorita, a vantaggio anche delle prestazioni. Riduce di circa la metà le emissioni di ossido di carbonio (CO) e circa il 78% di anidride carbonica, produce meno zolfo, e le polveri sottili vengono tagliate fino al 65%. I gioiellini Mercedes ML/GL e Audi Q7 si contendono il titolo di diesel più pulito al mondo, grazie anche al fatto, per quanto suoni ancora strano, di dover rivaleggiare sui mercati nordamericani. La tecnologia usa un additivo contenuto in un serbatoio separato che nei gas di scarico pretrattati libera ammoniaca (NH3), necessaria per la riduzione chimica degli ossidi di azoto.
Sarebbe opportuno tirare in ballo che è il metano attualmente il carburante più economico distribuito (a parte il fatto di non subire restrizioni al traffico, senza necessità dell Eco pass), ed è il combustibile più pulito in commercio; le vetture a metano non emettono particolato e rispetto al gasolio le emissioni di azoto sono inferiori del 90%. Rispetto alla benzina la riduzione degli ossidi di azoto è di circa il 50% e del 25% il CO2. Da precisare poi che il metano è diverso dal GPL, non è altrettanto “esplosivo”, non è un gas tossico e ha una densità inferiore rispetto allaria; tende a volatilizzarsi verso lalto senza formare concentrazioni. I motori a Metano possono anche utilizzare anche il biogas depurato. In Europa il bio metano sta aumentando di valore, sia nella forma tradizionale, derivato da digestione anaerobica di sostanze organiche, sia come gas di sintesi. Ad avvantaggiarsene sono ovviamente coloro che possono contare su un buon approvvigionamento, e questo dipende ancora da zona a zona, ma la tendenza a inserirlo nella catena di distributori è un dato di fatto.
Ibrido: alchimie della nuova generazione
L’ibrido ha molte varanti, ma di base rappresenta la combinazione di due o più fonti energetiche. Per esempio, motore a combustione insieme a energia elettrica. La Chevy vende il pick-up Silverado ibrido in USA da metà Anni 90 e lo prepara anche per l’esercito, ma Toyota può vantare vari altri primati, inclusa la commercializzazione in Europa su un 4wd con la Lexus RX 400h, per la quale ha messo a punto L’Hybrid System Drive, ricaricando le batterie con l’energia dissipata in frenata, come ogni ibrido moderno. La corsa all’ibrido ha coinvolto un po’ tutti i grandi dell’industria, e anche in questo caso, i veicoli multiruolo la fanno da protagonisti.
La necessità di unire le forze ha creato matrimoni variegati. GM e DaimlerChrysler (quando ancora viaggiavano insieme), con l’aggiunta di BMW, si sono date allo sviluppo di un innovativo modulo ibrido bimodale, con elemento focale nella trasmissione, che usa la coppia motrice su due campi di demoltiplicazione e regola i passaggi asincroni, ovvero senza variazioni di regime nei cambi di funzionamento di elettromotori e motore endotermico. Ciascuno ne ha fatto il suo uso: Chrysler “two-mode” sfrutta la trasmissione CVT e quando può risparmiare utilizza anche metà dei cilindri, e lo stesso fa il V8 di GM con Active Fuel Management. Mercedes lo ha sviluppato per ML e GL, mentre BMW ne ha esaltato il dinamismo con l’ActiveHybrid. Ford si è messa a usare l’ibrido con motore funzionante anche a biometanolo E85. come VW-Audi. A rallentare i tempi è stata (ed è) la ricerca di accumulatori con maggiori performance. I costi e lo sviluppo delle nuove batterie Litio non sono facili da gestire. In una recente intervista, Wolfgang Hatz del gruppo Volkswagen ha fatto una considerazione curiosa, magari un po’ controcorrente rispetto alla sfilza di “politically correct” cui siamo abituati, ma che trova sostegno tra coloro secondo cui questo tipo di sistemi ibridi richiedono un gran dispendio di risorse per un risparmio tutto sommato modesto di carburante, ma le pressioni dei mercati principali, a cominciare da quello Americano, non hanno lasciato scampo agli ingegneri.
I quali, per soddisfazione ed esigenze di gruppo, debbono puntare a due obiettivi fondamentali, il massimo risparmio, e le alte prestazioni sportive.
Elettriche: energia ad alto voltaggio
Dopo che le compagnie petrolifere sono state accusate di aver acquistato i brevetti di batterie innovative sfruttando la “patent protection” per frenarne l’utilizzo, tanti studi si stanno concretizzando. Ed evolvendo velocemente. La Toyota ci provò già nel 1997 a offrire un SUV elettrico, il RAV EV, prima alle aziende e poi al pubblico, con un kit per la ricarica dalla rete elettrica. Un passo importante per la preparazione mentale del mercato, fermo restando il problema del decadimento di efficienza delle betterie, le classiche MiMH. Toyota si è poi votata all’ibrido, ma il sistema EV ha contribuito all’evoluzione dell’Hybrid System ; quello della terza generazione ha un ritardo giustificato dalle sperimentazioni sulle nuove batterie agli ioni di Litio, che si stanno giocando la partita del futuro con le Fuel Cell. Le una alternative alle altre, o combinate. Come nel Hymotion che in VW si stanno sforzando di rendere affidabile, o come Ford HySeries Drive, il primo SUV guidabile che combina un generatore a idrogeno e batterie litio-ion, con caricamento plug-in, cioè dalla presa di rete.
Il Plug-in piace a molti, e al finanziamento del progetto Ford PHEV ha preso parte anche il colosso informatico Google. Assicura un taglio delle emissioni del 60/68%.
In fatto di elettriche pure, la battaglia volge ora sugli investimenti per entrare in partnership con le aziende che hanno le commesse per rendere verosimili i punti di ricarica anche lontano dal box di casa. Le altre sfide sono sullautonomia, e ancora, sulle performance pure. Lelettrico deve diventare anche sportivo. Tesla è il riferimento da affrontare.
IDROGENO: l’idea per la libertà
Il prodotto idrogeno è praticamente innocuo, e non emette biossidi di carbonio. Generalmente è ritenuto la soluzione dalle maggiori potenzialità di sfruttamento per il futuro. Per molti, la chiave di volta e nelle fuel cell, batterie elettrochimiche nelle quali si produce energia elettrica grazie a una reazione chimica fra un combustibile (che può essere idrogeno come metanolo) e l’ossigeno. Reazione che si attiva in determinate condizioni di pressione e di temperatura, in presenza di un catalizzatore (tipico il platino). È chiaro che con l’idrogeno, nel processo non c’è alcuna produzione di CO2, che invece si crea se si utilizzano metano o metanolo. Ma in quantità sensibilmente inferiori rispetto ai motori convenzionali. È la strada presa per il motore elettrico.
L’uso dell’idrogeno liquido, come lo sperimenta BMW, porta ad avere veicoli più simili a quelli che conosciamo per funzionamento. I problemi riguardano il trasporto dellidrogeno congelato, che oggi chiede dispendio energetico e qualche incognita nella sicurezza. Uno degli esempi più alti per impatto scenico e tecnico, si chiama Super Chief Tri-Flex, fiore all’occhiello Ford, equipaggiato di un 10 cilindri a V di 6,9 litri sovralimentato che funziona con benzina, con miscela E85 e con idrogeno. Un bisonte dalla versatilità pressoché totale, oggi e domani, primo al mondo con tre tipologie di alimentazione. Chi sceglie invece le fuel cell per la propulsione elettrica, ha il problema dello stoccaggio dell’idrogeno. Può essere aggirato producendolo direttamente a bordo, ma partire ancora da un combustibile fossile, il metano o il metanolo, il che riduce i benefici, anche se il loro utilizzo è in quantità ben inferiori rispetto all’impiego diretto come carburanti, dunque con un secco taglio di CO2. Una strada del genere, idrogeno dal metanolo, è un altro passaggio intermedio verso la “pulizia totale”. Ottenere il prodotto idrogeno pronto da utilizzare è la vera scommessa del futuro. È vero, si trova nella molecola dell’acqua (H2O), ma due atomi di idrogeno sono saldamente legati all’ossigeno. Per scindere detto legame si procede per elettrolisi. Una reazione che però richiede grandi quantità di energia, troppa. Il più vicino a diventare realtà resta al momento il Sequel di Chevrolet, che detiene anche un buon record: 450 km percorsi con un pieno. Senza inquinare.
Ma delle proposte più innovative, dei modelli più interessanti e fruibili arrivo e in sviluppo, ne parliamo in un altro speciale servizio.
Fabrizio Romano
13/09/2010 – 13:15