Il 4.2 FSI è realizzato con le medesime specifiche utilizzate per la R8 coupé, ma con la potenza massima che raggiunge 430 CV, dieci in più rispetto alla versione chiusa. Da notare che al regime nominale di 7.900 giri/min., gli otto pistoni a corsa lunga (alesaggio x corsa 84,5 x 92,8 mm) percorrono 24,1 metri al secondo, un valore che rimanda alle vetture da gara. La coppia massima di 430 Nm viene erogata tra i 4.500 e i 6.000 giri/min., mentre almeno il 90% della spinta è disponibile tra i 3.500 e i 7.500 giri/min. Ne deriva un motore particolarmente elastico, con il plus dell’evidente “cattiveria” agli alti regimi che accontenta i guidatori più spregiudicati.
Il compatto V8, assemblato completamente a mano presso lo stabilimento di Gyor (Ungheria), presenta la classica angolazione dei cilindri a 90° e pesa solamente 216 kg. Il basamento è costituito da una lega di alluminio-silicio colata in conchiglia a bassa pressione; una procedura che porta a ottenere particolare uniformità. Inoltre, l’elevato contenuto di silicio rende le canne dei cilindri particolarmente resistenti.
L’alimentazione è quella con l’iniezione diretta di benzina FSI, uno schema ormai tipico delle Audi che in tale caso inietta il carburante a una pressione massima di 120 bar. Il sistema di lubrificazione a carter secco, munito di serbatoio separato, ha permesso di montare il propulsore in posizione ribassata, garantendo nel contempo l’approvvigionamento di olio al motore anche in condizioni di estrema accelerazione laterale. Condizioni raggiungibili in pista, dove la R8 Spyder può far valere le doti del suo telaio, assecondate dalla riduzione dei pesi che la scocca in alluminio comporta.
Nell’estetica la R8 Spyder rimane di una bellezza invidiabile, con la raffinata capote elettrica in tela che non implica compromessi stilistici, tipici al contrario di molti hard-top ripiegabili. Oseremmo affermare che la R8 Spyder riesca a diventare ancor più affascinante della R8 coupè, il che francamente è tutto dire.