FIAT Days
L’accordo su Mirafiori si allunga a Pomigliano.
Dopo un buon mese di trattative labbozzo di intesa, a Torino, è arrivato per i lavoratori di Mirafiori (e poi, dopo preaccordo, è arrivata la firma per Pomigliano dArco). Un accordo fra Fiat e i sindacati Fim, Uilm, Fismic e Ugl – ma senza la firma della Fiom. Al di là di questo, l’accordo è da leggere in due vesti. Quella strutturale e imprenditoriale rappresenta un passo avanti dell’AD Marchionne verso il futuro dell’azienda Fiat, con una riconquista di buona parte dei tanti punti persi con precedenti azioni di arroganza e muro.
Perché dal punto di vista imprenditoriale è un’apertura notevole verso la crescita Fiat e le garanzie a chi lavora nel Gruppo italico, con un’evoluzione, sulla carta, di grande spessore che triplica investimenti e previsioni di lavoro e di ricavi.
Dal punto di vista commerciale sale qualche dubbio: perché inserire una calandra Alfa Romeo o Lancia in prodotti Chrysler e Jeep è un azzardo, per molti qualunquistico, che dovrà attendere le risposte del mercato.
Ci sarà un referendum tra i lavoratori, che dovranno decidere in proprio sulla bontà della proposta, indipendentemente dai sindacati.
Secondo la Fiom e il suo portavoce Giorgio Airaudo la proposta significa “una firma con vergogna”. Agli antipodi il commento dellad di Fiat, Sergio Marchionne: “È un gran bel momento per tutti e soprattutto per i lavoratori e per il futuro dello stabilimento – ha dichiarato litalo-canadese nella nota diffusa – Mirafiori inizia oggi una nuova fase della sua vita”.
Su questa linea nasce il concetto che Mirafiori potrà compiere un salto di qualità per Fiat Group ma anche per Chrysler.
Un miliardo di euro è la cifra che farà “partire gli investimenti previsti, con tempi però ancora da fissare. Sula scia della joint-venture con Chrysler la previsione è di produrre a Mirafiori vetture con i marchi Jeep e Alfa Romeo: si parla di 280.000 vetture lanno, per lo più sport-utility, settore privilegiato. Con impianti a pieno regime per sei giorni lavorativi
Si deve aspettare almeno metà gennaio per il voto dei lavoratori.
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Intanto, come scritto nellarticolo dedicato in “Parliamo di…”, lattenzione si è spostata sulla firma per laccordo sul contratto per i lavoratori di Pomigliano.
Firma da cui si è sottratta la sola Fiom tra le corporazioi sindacali, unico gruppo sindacale che ha il
vezzo o il coraggio (secondo pensiero) di continuare a fare muro davanti
alle proposte del team Marchionne. Su una linea di pensiero che promette di
aprire un nuovo corso per lindustria automobilistica italiana, fino a diventare un esempio mondiale.
Unirsi agli americani della Chrysler, e poi sezionare il gruppo Fiat
è una linea stravagante, ma forse adeguata ai tempi.
Sul tavolo di Pomigliano c’è la produzione della
nuova Panda, con il vantaggio della riassunzione e del lavoro per una
quartina di migliaia di lavoratori, (circa 4600) con 18 turni per sei
giorni lavorativi alla settimana e 350 euro aggiuntive nello stipendio.
Ma questo solo al momento dell’entrata a regime di produzione, il che a
oggi è ancora un punto di domanda.
L’altra faccia della medaglia appuntata da Marchionne è una
rivisitazione contrattuale nebulosa in fatto di diritti (però il mercato
è cambiato) il che, a parte il muro della Fiom, sta facendo entrare nel
ballo delle dichiarazioni e dei riflettori vari esponenti della
politica, da Bersani e Cofferati nel novero dei contro che parlano di
contrattazioni inique, addirittura anticostituzionali se ci spingiamo
fino a Di Pietro.
Dall’altra parte, però, ci sono ex sindacalisti che
dicono che in questo momento, in questa situazione industriale, se
fossero lavoratori Fiat direbbero di sì all’accordo proposto. Perchè i
vantaggi degli assunti Fiat e dellindotto sarebbero comunque più felici
rispetto alle situazioni di tantissimi altri lavoratori che non possono
contare su corporazioni e informazione mediatica di primo livello.
Di fatto, l’industria, l’economia e la politica si stanno
intrecciando in modo più che mai stretto nella situazione Fiat. Che come
abbiamo già scritto si è scissa in più rami per poterli gestire
separatamente.
E’ un po’ come la questione dell’energia nucleare: può essere l’idiozia, o può essere l’idea progressista e rassicurante.
Teniamoli sotto la lente…
Nella foto: reparto pannelli e lastratura della MiTo.
Fabrizio Romano
24/12/2010 – 13:11