A esaltare la sagacia, il coraggio e la forza d’animo nipponici nell’affrontare l’ennesima catastrofe si rischia di ricadere nel banale. Ma tant’è. Il grande terremoto di dell’11 marzo che ha sconvolto il nord del paese, specialmente l’area di Fukushima dove ora gli occhi del mondo sono puntati per seguire con ansia gli sviluppi della situazione nelle centrali nucleari, sta avendo inevitabili conseguenze sull’industria automobilistica (e non solo) in giro per il pianeta.
Corrente elettrica – I problemi sono molteplici, tutti connessi tra loro: gli impianti chiusi per danni, quelli non praticabili per rischio radioattività e le conseguenze stesse delle centrali nucleari danneggiate, fornitori di corrente elettrica per il 30% dello stato, si fanno promotori di una vera e propria “reazione a catena” che parte dal mercato interno e si ripercuote all’estero. Due i settori particolarmente colpiti dal sisma: l’automobile e l’elettronica. La corrente elettrica è fondamentale: dal funzionamento dei macchinari per la produzione di manufatti a quello degli impianti di aria condizionata (la stagione calda è alle porte). Le soluzioni attualmente al vaglio sono sostanzialmente di due tipi: alternare la fornitura di energia elettrica tra i due macro settori per consentire la produzione o ridurre progressivamente il consumo cercando di garantire, comunque, un ritmo continuo. Ci sarebbe una terza soluzione, ma che tutti i costruttori osteggiano: stabilire un’alternanza tra marchi costruttori consentendo loro di usufruire delle risorse attualmente disponibili.
I problemi delle case automobilistiche – L’industria automobilista soffre per la situazione interna al Paese ma anche per le conseguenze negli stabilimenti di assemblaggio locati all’estero. In aggiunta, i problemi attanagliano anche i costruttori occidentali, che acquistano in Giappone molta componentistica (vernici nel caso di Chrysler Group e Ford Motor Co., motori per General Motors). Renesas Electronics Corp, gigante mondiale della produzione di micro-chip per utilizzo automobilistico, ha dichiarato che due importanti stabilimenti non potranno riprendere la produzione prima del prossimo mese di luglio.
Honda, ad esempio, ha dichiarato che gli impianti di produzione rimarranno chiusi almeno fino al 3 aprile. Il Reparto di Ricerca e Sviluppo del marchio è stato profondamente danneggiato dal sisma: non si parla di una sua riapertura prima di due settimane e addirittura di mesi prima di riprendere il normale ritmo dell’attività.
Il conseguente blocco della produzione (Honda si serve di 110 fornitori, tutti concentrati nella zona in cui il terremoto ha colpito con maggiore violenza) sta avendo forti ripercussione sul ciclo produttivo. Anche all’estero: in America, ad esempio, dove si assemblano Honda Fit, Honda Insight, Honda CR-Z e Civic Hybrids e le berline Acura TSX e RL si è creato un problema di approvvigionamento di componenti.
Il risultato è che il marchio ha stimato, fino al 3 aprile, in 46.000 unità l’”ammanco” di veicoli conseguenti agli ordini. Mazda ha sospeso “fino al nuovo ordine” gli ordinativi di tutte le vetture prodotte in Giappone: Mazda2, Mazda3, MX-5, Miata, RX-8, CX-7, CX-9 e Mazda5. Altri guai, infine, affliggono Toyota, che ha dovuto interrompere la produzione di auto e componenti in 18 impianti situati in Giappone.
Alvise Seno
29/03/2011 – 16:30