"Marchionne e i muri della Scalata a Chrysler"
Secondo gli ultimi sviluppi della new economy, l’AD Fiat Sergio Marchionne si trova ad affrontare parecchi muri intrisi di difficoltà nel viaggio verso i suoi obbiettivi. Ormai più imprenditore che manager, dichiarazioni a parte deve comunque fare i conti con fatti sostanziali, primo fra tutti gli americani, sia come Governo USA sia come Chrysler.
I FATTI – Dal 35% di introduzione Fiat nel cuore di Chrysler, ci sono vari “step” da superare per incrementare le dosi. Il 51% ipotizzato da Marchionne è il terzo step, ma con ostacoli imposti secondo noi difficilmente superabili, e non prima del 2015. Sempre che gli americani non siano diventati stupidi. Cosa difficile.
Anche perché, ricordiamoci, Fiat Auto ha intanto 30 mil. di Euro in passivo, che rientreranno solo parzialmente dalla vendita delle auto, considerato che più del 50% sono rappresentati da servizi bancari, assicurazioni, debiti di investimento. La divione tra Fiat Industrial e Fiat Auto ha il fine di agevolare i compiti a Marchionne. Ma i compiti sono ugualmente stratosferici, siglati dagli USA per diventare assai difficilmente raggiungibili.
Paradossalmente, all’amministratore delegato Fiat, con pieni poteri (che neanche il presidente J. Elkann riesce a contrastare) può andare bene anche che l’Azienda Auto perda quotazioni in borsa. E’ un giochino estrapolato dai meccanismi delle stock-option, l’arma in più di Marchionne per la garanzia di milionate di Euro, 150 nel peggiore dei casi.
Ma torniamo al punto della scalata. Per pensare al 51% ci sono i “Paletti USA” con cui fare i conti. Ovvero, serve che Fiat restituisca innanzitutto i 70 milioni di dollari riforniti a Fiat dal Governo di Obama. Poi, indipendentemente dai giochi delle stock-option, il contratto Chrysler pretende che Fiat raggiunga livelli produttivi e di vendita tripli rispetto al 2010.
– Fiat deve aprire le porte a Chrysler per il mercato cinese. Fiat deve raggiungere una quota di valore nelle quotazioni oltre i 15 punti (oggi da 10.5 del 2009 ne vale 7.2), Fiat Auto deve implementare la quota produttiva e vendita di auto del Gruppo Chrysler in Europa di almeno il 30%.
Se tutti i target non saranno completamente raggiunti, la quota massima del Gruppo Fiat in Chrysler potrà essere contenuta nel 49%. Dovranno quindi fare i conti con il Governo USA e con Detroit. Che certo non svendono. Anche perché mentre Fiat Auto perde punti sul mercato (nel bimestre 2011, come appurato e scritto da MotorAge) i marchi principali sono cresciuti, tranne Fiat che ha perso ancora il 29%.
Gli americani di Detroit e i vertici Chrysler non hanno mai accettato la
sudditanza Daimler ai tempi del loro connubio, figurarsi nel caso Fiat.Adesso poi che Chrysler sta crescendo, e che ha le tecnologie della nuova era, dallibrido allelettrico. Già pronte. Quindi più tempo passa, più Chrysler prende mano.
Speriamo che Marchionne torni a fare il manager, e lasci perdere il ruolo imprenditoriale. Che Elkann chieda consiglio a Montezemolo. Anche per evitare basi Fiat a Detroit. FIAT (Fabbrica ITALIANA Automobili Torino) è un bene nazionale da salvaguardare, e con il quale maneggiare “con cura”. Land Rover è stata acquistata da Tata in toto, ma la base è sempre Solihull. Porsche entra globalmente nel patrimonio Volkswagen? Ma rimane Porsche, come Seat è rimasta ispanica. Renault e Nissa sono insieme, ma con entità distinguibili.
Fabrizio Romano
29/03/2011 – 22:20