Il gigante dell’acciaio Tata prevedeva, per lei, una tiratura media di 20-25.000 esemplari venduti al mese, nonché un sicuro ruolo anche sul mercato europeo. E nonostante gli impianti abbiano una capacità produttiva installata di 250.000 unità l’anno, fino a questo momento la produzione complessiva ammonta a 129.000 unità. Il mese di agosto è stato particolarmente negativo per la piccola utilitaria indiana: appena 1.200 esemplari prodotti (contro gli 8.000 dello stesso mese del 2010).
Le ragioni – A dispetto di un prezzo oltremodo contenuto (nel 2008 fu annunciata a un costo d’acquisto pari a 2.200 dollari), la Tata Nano dimostra che non necessariamente un mezzo economico sia un best-seller. Anche in un mercato, quello interno, dove la grande maggioranza della popolazione dispone di un reddito molto basso, un veicolo così economico non fornisce una adeguata soddisfazione psicologica. Del resto, chi non possa permettersi prodotti di lusso, cerca il più possibile di avvicinarvisi. L’importante è ciò che si percepisce del prodotto e la Nano sembra saldamente ancorata nel suo ruolo di auto di ben poche pretese.
Un’altra causa di scarso successo potrebbe riguardare alcune considerazioni personali sul boss stesso di Tata. Ratan Tata è l’uomo più potente dell’India. Il suo gruppo ha attività in una molteplicità di settori, con migliaia di posti di lavoro creati negli anni (fino al limite di sostenere, con i suoi impianti industriali, la vita di intere città). Gli stessi membri della famiglia sono attivamente impegnati in attività sociali e filantropiche. Non va poi dimenticato che del Gruppo fanno parte anche i marchi automobilistici Jaguar e Land Rover. Paradossalmente, però, la famiglia Tata, al contrario di molte dinastie industriali indiane, possiede solo l’1% delle azioni dell’intero Gruppo. Ratan Tata stesso è noto per essere un tipo semplice, con uno stile di vita molto morigerato: abita in una casa qualsiasi, guida un’auto qualsiasi, non riempie le pagine di riviste fortemente “luxury oriented” come il noto magazine americano Forbes (non viene citato tra i 100 uomini più ricchi dell’India).
Ci si mettono anche la sfortuna e gli errori strategici. Tata ha dovuto abbandonare il sito produttivo nel Bengala a causa di un violento scontro con il Governatore della Regione. Secondariamente, Tata non si è costruita una solida presenza commerciale nelle piccole città, potenzialmente i luoghi chiave dove vendere. C’è poi da considerare che la Nano ha il motore posteriore (un bicilindrico da 625 cc con 35 Cv e 105 km/h di velocità): manca, come sul vecchio Volkswagen Maggiolino, un bagagliaio adeguato. Ancora: l’aumento dei costi delle materie prime e le maggiori restrizioni in tema di emissioni hanno fatto lievitare il prezzo della Nano oltre la soglia psicologica delle 100.000 rupie. Infine, sono avvenuti numerosi casi di vetture andate a fuoco, balzati agli onori della cronaca.
Le strategie future – La concorrenza, insomma, (sul mercato indiano vanno molto forte Suzuki e Hyundai), riesce a mantenere le sue posizioni sul mercato. Tata, tuttavia, fa sapere che oltre il 90% dei clienti è soddisfatto della vettura. Il marchio ha iniziato le esportazioni a Taiwan e in Nepal e facilitato l’ottenimento di un prestito da parte della clientela potenziale per l’acquisto. Per quanto riguarda i pericoli di incendio, secondo il costruttore i casi sono imputabili a scelte peculiari dei clienti, che hanno fatto montare accessori specifici come l’aria condizionata e l’impianto audio (non previsti di serie). In ogni caso sono stati effettuati rigorosi controlli al fine di migliorare la qualità del prodotto.
Autore/i: Alvise Seno Pubblicazione: 13/10/2011 – 11.38 |