Jaguar XF Sportbrake 2.2 D – Impressioni di Guida
Non vi è dubbio che la Jaguar XF Sportbrake sia ancor più affascinante della corrispondente versione berlina. Questo lo si capisce dal maggiore equilibrio estetico, nonostante il passo rimanga invariato.
Dai bordi d’attacco della griglia frontale salgono possenti linee sul cofano, che passano senza soluzione di continuità nei montanti A e sopra il tetto, definendo la zona di carico prima di fluire in basso e dare vita all’inclinazione del portellone. La “firma” Jaguar nel disegno laterale si annota nell’esecuzione più elegante e allungata, protesa verso il lunotto.
Sia anteriormente che posteriormente i gruppi ottici contribuiscono alla forte personalità dello styling, grazie agli espressivi fari nettamente ispirati a quelli dell’ammiraglia XJ e alle luci dietro completamente a LED.
Le parole di Wayne Burgess, Studio Director Jaguar Design, riassumono adeguatamente l’estetica del modello: “La creazione della Sportbrake è stata per noi una grande opportunità per incrementare il design della XF. Il flusso e l’unione delle linee che portano l’occhio intorno alla vettura, danno vita a una pratica station wagon coerente con la reputazione Jaguar per quanto concerne l’eleganza e la spettacolarità”. Due concetti questi ultimi, che si ritrovano all’interno dove i classici rivestimenti in pelle e legnami pregiati si accompagnano con maestria a dettagli moderni, come lo schermo touch screen o la rotella del cambio a fuoriuscita automatica.
Nella XF Sportbrake le poltrone posteriori sono inedite, consentendo ampio spazio per tre passeggeri, e risultano frazionabili nella configurazione 60:40. Inoltre, la praticità dello spazio di carico permette, ad esempio, lo stivaggio di mazze da golf nella parte laterale. Senza dimenticare come l’ampio baule mantenga gli stessi materiali pregiati utilizzati nell’abitacolo, mentre un sistema di binari nel pianale può accogliere reti e barre di sostegno opzionali. Infine, il portellone ha la chiusura soft-close (a richiesta vi è l’azionamento completamente elettrico).
Quanto alle motorizzazioni, la XF Sportbrake propone al momento esclusivamente in unità diesel, ovvero il V6 3.0 a due turbocompressori nelle configurazioni da 240 e 275 CV, nonché il 2.2 a turbocompressore singolo da 200 CV. Propulsore quest’ultimo riguardante la versione da noi provata, che si distingue innanzitutto per i consumi molto bassi di carburante. A tale riguardo, infatti, la Casa di Coventry dichiara una percorrenza media di 19,6 km con un litro nel ciclo misto, pari a soli 135 g/km di CO2.
Viaggi Emotion – Fin dai primi chilometri percorsi, la XF Sportbrake 2.2 D si mette in nota per la silenziosità, dovuta tanto alle qualità intrinseche del motore quanto alle adeguate misure di insonorizzazione. L’ideale nei viaggi lunghi, dove di tanto in tanto è possibile “chiamare a raccolta” i 200 CV e riprendere molto celermente, complice il veloce cambio automatico ZF a 8 rapporti. Trasmissione che esclude il convertitore di coppia non appena la vettura si muove, passa da una marcia all’altra in modo impercettibile e consente perfino di divertirsi nella guida sportiva. A questo riguardo, vi è pure la modalità di azionamento manuale tramite le levette dietro il volante, invero troppo piccole e poco pratiche.
Prestazioni – La Jaguar dichiara 8”8/10 nell’accelerazione 0-100 km/h e una velocità massima di 214 km/h; si tratta a nostro avviso di dati pessimistici.
Quanto all’assetto, la trazione posteriore, le sospensioni anteriori a quadrilateri e posteriori multilink e gli ammortizzatori attivi rappresentano la garanzia di un comportamento impeccabile. Nelle curve, infatti, la XF Sportbrake si dimostra neutra e precisa; solamente forzando il ritmo con il controllo di stabilità parzialmente escluso (non è possibile disattivarlo al 100%) vi è un moderato sovrasterzo di potenza. In altre parole, come avviene con la XF berlina nei confronti delle sue concorrenti, anche la XF Sportbrake è il benchmark in termini di tenuta di strada, stabilità e maneggevolezza. Solamente lo sterzo potrebbe essere meno leggero alle alte velocità, ma dopo un minimo di apprendistato l’abitudine sorge spontanea.