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Quelle auto dai nomi imbarazzanti…

  Ancora oggi i nomi delle auto devono essere facili da ricordare, improntati alla buona fonetica e soprattutto piacevoli e scevri da interpretazioni equivoche. Perché ci vuol nulla a trasmettere un messaggio sbagliato, in grado nel migliore dei casi di strappare una risata o, nel peggiore, di appannare l’immagine del prodotto. Spinti dalla curiosità, abbiamo compiuto “un viaggio nel girone infernale” tra le auto dai nomi più strani, improbabili ed equivoci di ogni epoca. Il risultato è un quadro divertente e, a tratti, sorprendente.

 Pronuncia equivoca – Ricordate la Fiat Ritmo? Nata nel 1978 era una berlina medio piccola destinata a sostituire (con successo) la 128. Nei mercati anglosassoni, però, fu ribattezzata Strada; Ritmo ricordava infatti Rhythm, il ciclo mestruale. Forse sarebbe stato meglio un numero, come 129 per esempio, ma il peggio successe in casa Lancia dieci dopo con la Dedra. Nella lingua di Albione suonava come “dead rat”, ovvero topo morto, ma ciò non impedì alla berlina che rimpiazzava la Prisma, questo sì un nome azzeccato, di avere un buon successo oltremanica. E poi anche gli inglesi hanno i loro bravi “scheletri nell’armadio”, si veda in proposito l’Austin Allegro degli Anni 70, in Italia soprannominata “Allegro ma non troppo” a causa della sua linea al limite del deprimente.

 Tra antichi mestieri e guasti che non ci sono – Probabilmente la palma del nome più imbarazzante spetta alla Mazda Laputa, che ricorda fin troppo il mestiere più antico del mondo. “Professione” che, a posteriori, viene evocata anche dalla mitica Escort della Ford; per quest’ultima un tempo non era così, segno di un”evolversi” (e sottolineiamo le virgolette) del linguaggio comune. E quanto agli inglesi, ancora loro, negli Anni 80 battezzarono Nova un’utilitaria Vauxhall. Facile immaginare l’ilarità degli spagnoli con la loro pronuncia No Va (non va), dinanzi a una vettura peraltro affidabilissima (l’equivalente della Opel Corsa dell’epoca).

La superstizione ci mette del suo – Negli Anni 70 la Renault presentò la 17, un coupé compatto molto attraente, divertente da guidare e con costi di gestione assolutamente irrisori. Per l’Italia, la Casa della Règie ribattezzò la vettura 117; non fosse mai che il guidatore compiesse gesti scaramantici poco eleganti o, peggio ancora, rinunciasse all’acquisto. Del resto l’argomento superstizione è ben noto negli uffici marketing delle case automobilistiche; lo dimostra, ad esempio, la 164 dell’Alfa Romeo che nei Paesi asiatici fu commercializzata come 168 (per loro 164 è un numero nefasto). E rimanendo nella Casa del Biscione, l’Arna non era percepita come l’acronimo di Alfa Romeo Nissan Automobili, bensì fu sbeffeggiata con l’appellativo “Arna letale”. Colpa di uno stile assurdamente brutto (ma quel motore boxer era eccellente), accompagnato da improbabili slogan come “Kilometrissima Alfa” e “Sei subito Alfista”. In sostanza il nome può rappresentare un problema, in particolar modo se genera confusione. A tale riguardo negli Anni 70 la Lancia presentò la Beta Montecarlo, sportiva che in origine doveva avere il marchio Fiat salvo poi essere sottoposta, in zona Cesarini, a un’operazione di rebadge (“vi ricorda qualcosa?”). Tutto bene in Europa, ma negli USA vi era una certa Chevrolet Montecarlo, ragion per cui la sportiva Lancia fu ribattezzata Scorpion. Qualcuno a questo punto avrà pensato si trattasse di un’Abarth, ma questa è un’altra storia.

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