Una vera Odissea per i piloti è stata quest’ultima edizione della Dakar appena conclusasi a Valparaiso in Cile dopo 12 estenuanti tappe che hanno portato i concorrenti ad attraversare Argentina, Bolivia e Cile appunto.
Un’Odissea lunga almeno una settimana, ovvero lungo il tratto argentino dove le temperature hanno sfiorato i 45 gradi di media mettendo a durissima prova uomini e mezzi, e proprio per questo motivo un motociclista belga ha purtroppo perduto la vita nel deserto sudamericano, anche forse per la leggerezza con cui l’organizzatore ASO ha organizzato i soccorsi in quelle giornate “roventi” d’Argentina.
Come previsto sin dall’inizio, la vittoria finale è andata allo squadrone MINI di Sven Quandt, che ha schierato alla partenza ben 12 vetture – una vera Panzer Divisionen_ ma non al solito favorito francese Peterhansel (visto normalmente di buon occhio dagli organizzatori transalpini) bensì al catalano Nani Roma, già vincitore della Dakar su due ruote ed espertissimo nonché velocissimo sulle dune e sugli sterrati sudamericani; a nulla sono serviti i continui attacchi del Qatarino Nasser Al Attiya il quale ha sperato sino all’ultimo di salire sul gradino più alto del podio, ma Roma è risultato di gran lunga più performante sin dalle primissime battute di gara.
Che dire degli italiani in gara nella sezione auto? Un disastro completo, infatti Bedin ha portato a termine soltanto la prima tappa alla guida del proprio buggy, mentre i Cinotto (padre e figlio) hanno abbandonato alla terza e quarta sezione cronometrata; la Fiat Panda di Giulio Verzelletti, ha arrancato per tutta la gara, terminando moltissime tappe a traino del proprio Unimog di assistenza, sino a due tappe dal termine quando ha abbandonato esausta.
Il vero protagonista di questa Dakar 2014 è stato però il caldo che ha flagellato tutta la parte Argentina della competizione, infatti sia nella sezione due ruote che in quella a quattro ruote, gli abbandoni sono sati copiosissimi, per rotture meccaniche, incidenti o malori provocati dalle temperature inaspettate anche dagli organizzatori; fortunatamente dopo il passaggio della Cordigliera delle Ande e con l’ingresso in Bolivia e Cile, la situazione climatica è nettamente migliorata, con temperature più sopportabili e di conseguenza di maggio respire per i mezzi motorizzati e per i piloti impegnati in gara.
La categoria Camion, è stata a vantaggio, come sempre dei Kamaz, infatti l’azienda di Kazan ha schierato, proprio per trionfare ben sei mastodonti alla partenza, riportando alla fine un trionfo previsto ma apprezzato da tutti, vista la grande professionalità della squadra russa che ha però dovuto combattere giornalmente con ò’agguerrito olandese De Rooy che ha dovuto però capitolare dinnanzi allo strapotere Kamaz.
Un pensiero ci fa riflettere riguardo a questa massacrante competizione dai costi esorbitanti per i piloti: che senso ha partecipare alla Dakar sapendo di poter completare solo alcune tappe con il proprio mezzo e comunque confondersi nella massa dei concorrenti, quando con il medesimo importo potrebbero completare una completa stagione di Rallyes/Baja Cross Country?
La cronaca di questa Dakar è però piuttosto scevra di particolari nella categoria auto, infatti la classifica ha visto fin dal primo giorno la vittoria di una MINI (indipendentemente chi ne fosse il pilota) tranne una giornata in cui ha trionfato lo spagnolo Sainz alla guida di un Buggy SMG, e quindi la cronaca ha offerto ben pochi spunti eccitanti dal punto di vista sportivo e tecnico data la grande ed inutile supremazia dell’armata teutonica MINI.
Anche nella categoria moto, una buona notizia per la Catalogna, infatti Marc Coma ha dominato questa tremenda Dakar, non permettendo al favorito (francese) Despres di salire sul gradino massimo del podio e consentendo così alla KTM di riprendere il dominio in questo tipo di competizioni, dominio che nel 2013 sembrava essere passato ad Honda, in questa Dakar però assolutamente non protagonista.