Quindici anni dopo sono comparsi in Italia, in dotazione esclusiva alle forze dell’ordine, gli Autovelox : nome commerciale divenuto sinonimo esclusivo di misuratore di velocità. Tutte le apparecchiature in uso devono essere debitamente omologate e approvate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ne attesta la rispondenza ai requisiti minimi di accuratezza della misura della velocità.
E qui sorgono i dubbi, perché nelle nostre città ci imbattiamo molto spesso in finti autovelox: semplici contenitori di un arancione fosforescente che fungono da scheletro per un apparecchio che però non è presente al loro interno. Sono oggettivamente delle scatole vuote. La domanda sorge spontanea: sono legali? Il Ministero dei trasporti si è inizialmente espresso con le Circolari n. 1638 e n.1870, che riconoscono la legittimità di questi scatoloni vuoti, a patto che ogni tanto vengano usati con all’interno un vero dispositivo. In seguito Maurizio Lupi, titolare del Ministero, si è detto sfavorevole ai finti autovelox: <<Non sono inquadrabili in alcuna delle categorie di dispositivo o di segnaletica previste dal vigente Codice della Strada,e pertanto non sono suscettibili né di omologazione né di approvazione o autorizzazioni>>. Inoltre ha sottolineato come questi dispositivi potrebbero costituire un pericolo, un ostacolo fisso, soprattutto se posti fuori dalla carreggiata. Direttive poco coerenti, e giunte soprattutto dopo la già avvenuta installazione di numerosi ‘’contenitori’’.
Il Codice della strada impone che le postazioni di controllo siano preventivamente segnalate e ben visibili, mediante cartelli o dispositivi di segnalazione luminosi. Nel caso manchi una di queste caratteristiche, è possibile fare ricorso: almeno uno strumento contro l’arsenale in continuo aumento di rilevatori di velocità.
Manuela Caputo