L’immenso stato del Far East è, attualmente, l’economia più produttiva al mondo, con tassi di crescita che fanno impallidire l’Europa. Il rovescio della medaglia è che il Paese soffre un inquinamento molto grave.
Per ovviare a questo problema, nel 2012 fu lanciato l’ambizioso piano New Energy Automobile Industry Development Plan. Questo prevedeva: 500.000 nuovi veicoli elettrici sulle strade cinesi entro il 2015, 5 milioni di esemplari entro il 2020. Ma nonostante questo nel 2013 su tutto il mercato sono stati vendute solo circa 6.900 automobili elettrici e circa 1.250 ibride.
Il piano, insomma, stenta a decollare. Secondo le opinioni prevalente, la causa è da attribuirsi all’eccessiva centralità dell’apparato statale. La crescita dell’industria cinese, infatti, è controllata e gestita interamente dal Governo centrale ma le municipalità locali non sembrano essere interessate all’ulteriore promozione di questi incentivi. Almeno fino a qualche tempo fa.
La ragione di questa improvvisa intraprendenza da parte dei comuni sta nell’aver collegato il sistema degli incentivi a una serie di sussidi statali a favore dei costruttori nazionali (ma, come osserva ad esempio Tesla, questo non vale per i costruttori stranieri).
Complessivamente, un automobilista cinese può ottenere, per l’acquisto di una nuova auto elettrica, uno sconto sull’acquisto pari anche a quasi 20.000 dollari.
Seno Alvise