Non a caso: sta per essere sfornato il nuovo codice della strada, già in preparazione col governo Letta e proseguito dall’esecutivo di Renzi: il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi e il suo sottosegretario Erasmo d’Angelis sono stati riconfermati ai loro incarichi. Sembra una frase fatta, ma l’obiettivo dichiarato è quello di migliorare la sicurezza e diminuire il numero di morti per incidente stradale, che negli ultimi 10 anni sono state circa 62000 – come se fosse scomparsa la popolazione di città quali Siena o Verona.
Una novità molto criticata è la proposta sul cambio di regolamento della patente a punti. Ad oggi, chi riceve a casa una multa con la decurtazione dei punti deve comunicare alla polizia il nome del guidatore cui verrà tolto il punteggio, pena una multa supplementare di 284 euro. Ebbene – se e quando la proposta diventerà legge – in caso si venga fermati dalla polizia per una contestazione immediata, sarà possibile pagare la stessa quota per evitare la sottrazione del numero di punti sulla patente. Dunque si presentano due possibilità: o, come accade attualmente, si paga la multa per l’infrazione e si subisce il taglio dei punti; oppure, versata comunque la contravvenzione, si può pagare questa somma ed evitare che il punteggio venga scalato. Ora: è questa una proposta equa? Andrà a finire che chi è più benestante avrà salva la patente, e chi non lo è sarà discriminato?
Sempre per quanto riguarda la proposta di riforme per la patente, è volontà del governo di aumentare le ore di formazione: oggi sono obbligatorie solo sei ore di guide obbligatorie, e non sono del tutto verificabili. Inoltre si progetta di detrarre le spese per la patente e tagliare alcuni costi, come quello per la ripetizione dell’esame teorico.
Altre discussioni sono nate dalla proposta di far scattare il reato di omicidio colposo per i sinistri stradali o con gravi lesioni fisiche provocati da un guidatore in pesante stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti. L’inserimento nel Codice penale di questo reato, garantirebbe la certezza della pena, che è il vero problema. Tuttora il Codice penale prevede la reclusione dai due ai dieci anni, con revoca della patente solo temporanea; se invece si configurasse il reato di omicidio stradale, la reclusione andrebbe dagli otto ai diciotto anni, con revoca definitiva della patente. L’obiettivo è assimilare quanto più possibile il reato di omicidio stradale a quello doloso, ossia volontario, in quanto l’automobilista che si mette alla guida in stato alterato, sa di avere elevate probabilità di causare incidenti mortali. Chi si oppone all’omicidio stradale ritiene che un automobilista, pur mettendosi alla guida ubriaco, non sia consapevole che può uccidere, perciò non si potrebbe neanche parlare di omicidio volontario. Sta di fatto che seguendo questa logica non si porrebbe rimedio ai tanti casi di morti provocati da automobilisti ubriachi a cui è già stata ritirata ma anche restituita la patente, lasciati di nuovo liberi di circolare.
Manuela Caputo