Perché a fare il pieno ci sentiamo sempre più poveri.
Benzina quanto mi costi?… Sicuramente tanto. Accise sui carburanti che crescono dal 1935 senza sosta per far fronte ad emergenze di vario tipo: guerre, terremoti, calamità naturali, buchi nel bilancio dello Stato.
Il problema è che, anche una volta passata l’emergenza, l’accisa rimane sommandosi a tutti gli altri rincari precedenti: è così che arriviamo al caro-petrolio di oggi.
Il prezzo della benzina si compone di tre parti: il costo del combustibile, le accise e l’Iva.
Il primo comprende il costo internazionale del prodotto e il guadagno dei petrolieri e dei gestori della pompa. Nel lungo periodo, l’andamento dei prezzi è collegabile al costo del petrolio greggio; invece nel breve periodo conta molto la quantità del consumo: il prezzo sale quando la domanda cala, scende quando la domanda cresce. Altre voci che si aggiungono al prezzo del carburante sono i costi del trasporto e le tariffe autostradali.
Infine, le accise sono delle imposte sui consumi. Si distinguono dall’Iva perché sono proporzionali non al valore, ma alla quantità del prodotto. Pesano più di un terzo e sono composte in buona parte da imposte di scopo, introdotte dai vari governi per raggiungere determinati obiettivi. Per essere chiari, ecco cosa paghiamo di accisa per ogni litro di benzina:
0,001 euro per la guerra di Abissinia del 1935;
0,007 euro per la crisi di Suez del 1956;
0,005 euro per il disastro del Vajont del 1963;
0,005 euro per l’alluvione di Firenze del 1966;
0,005 euro per il terremoto del Belice del 1968;
0,051 euro per il terremoto del Friuli del 1976;
0,039 euro per il terremoto dell’Irpinia del 1980;
0,106 euro per la missione in Libano del 1983;
0,011 euro per la missione in Bosnia del 1996;
0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
0,005 euro per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005;
0,0051 euro per far fronte al terremoto dell’Aquila del 2009;
da 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento alla cultura nel 2011;
0,040 euro per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011;
0,0089 euro per far fronte all’alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011;
0,082 euro (0,113 sul diesel) per il decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011;
0,02 euro per far fronte ai terremoti dell’Emilia del 2012;
Per un totale di 0,5 €, Iva inclusa. Senza scordare che le Regioni, dal 1999, possono imporre un’accisa autonoma sulla benzina. Bisogna inoltre sapere che l’Iva si applica sia al valore del prodotto sia all’accisa, il che va a pesare su circa la metà del prezzo del carburante alla pompa di rifornimento.
Nella relazione annuale 2014, l’Unione Petrolifera evidenzia come il fisco abbia colpito in particolare le auto e i carburanti, senza però alcuna conseguenza positiva: il consumo di benzina è diminuito e senza alcun vantaggio per le casse dello Stato, che nel 2013 ha visto ridursi di oltre un miliardo di euro le entrate derivanti da accise e Iva sui carburanti. Perciò, stabilito che tale doppia tassazione non è produttiva, è bene trovare un altro meccanismo che blocchi i prezzi del carburante e magari sfoltisca il numero delle vecchie accise: pagare una percentuale per la guerra in Etiopia del 1935 sembra un po’ anacronistico.
Manuela Caputo