Alto tasso di inquinamento, prezzo del petrolio alle stelle, presenza limitata dei combustibili fossili: motivazioni abbastanza valide per sostituire l’auto a benzina con una elettrica? A quanto pare no.
I veicoli elettrici potrebbero effettivamente essere ottimi sostituti delle auto a benzina per due motivi: sono alimentati con fonti rigenerabili ed ecosostenibili, e non emettono gas di scarico inquinanti. Tuttavia sono ancora poco utilizzati principalmente perché il motore a combustione interna risulta sempre più pratico ed economico rispetto a quello elettrico (ovviamente tralasciamo i fantomatici accordi complottistici tra case automobilistiche e compagnie petrolifere).
Oggi la diffusione del motore elettrico sulle automobili è in crescita, ma quello più diffuso lo troviamo nella versione ibrida, affiancato cioè ad un normale motore a benzina o gasolio insieme al quale trasmette il suo moto alle ruote. Funziona così: una centralina elettronica decide come distribuire l’energia generata da ciascun motore: l’auto può muoversi solo a energia elettrica, solo a benzina o con un misto delle due; nel caso in cui le batterie siano scariche, la centralina sfrutta parte dell’energia prodotta dal motore a benzina per ricaricarle. Un’altra fonte per ricaricare le batterie è l’energia che si genera quando l’auto frena o rallenta: l’energia cinetica – che altrimenti andrebbe semplicemente sprecata nell’attrito con i freni – viene convertita in corrente elettrica.
Ad ogni modo, autonomia e ricarica restano i principali punti deboli delle auto elettriche: la maggior parte dei modelli venduti non supera i 200 chilometri reali, i tempi di ricarica si misurano in ore e spesso sono necessari caricatori specifici e costosi. Le batterie inoltre sono molto pesanti e dispendiose, e sono formate da metalli disponibili in natura in quantità limitata. A ben vedere, anche dal punto di vista ecologico l’auto elettrica presenta dei problemi: è vero che non produce emissioni inquinanti in fase di utilizzo, ma l’energia accumulata nelle batterie proviene dalla rete elettrica e questa si alimenta da centrali a carbone, a metano e nucleari – non proprio pro-ambiente. Facciamo un esempio pratico: l’auto elettrica più evoluta in commercio è la Tesla Model S, il suo prezzo di listino parte da 66mila euro e la sua autonomia effettiva va dai 300 ai 400 km\h. Ogni ora di ricarica, attraverso una normale presa di corrente casalinga (220V), equivale a 36 chilometri di autonomia; ma anche nella più pratica delle ipotesi – quella di un connettore a muro apposito montato in garage – per un pieno ci vogliono quattro ore e mezza.
Realisticamente parlando, l’indipendenza dal petrolio non sembra un risultato raggiungibile entro poco tempo, anche a causa del raffinarsi delle tecniche d’estrazione e della scoperta di nuove riserve. La futura diffusione dell’auto elettrica dipenderà quindi sia dalla rivalità con il petrolio, che da un problema di infrastrutture e di tecnologia delle batterie. Finché prezzo, autonomia e tempo necessario per “fare il pieno” non diventeranno comparabili a quelli di un’auto a benzina e il numero delle stazioni di ricarica rimarrà limitato, l’auto elettrica rimarrà un privilegio per pochi.