Vision Zero è il programma internazionale secondo cui, per azzerare il numero di incidenti mortali, non si deve puntare sull’innalzamento delle sanzioni o su ulteriori restrizioni dei limiti, ma sulla pianificazione stradale.
La pianificazione è il punto di partenza del piano “Vision Zero”, progetto nato nel 1997 in seno al parlamento svedese e che ha come scopo l’azzeramento degli incidenti mortali entro il 2020. Oggi è diventato un programma internazionale a cui partecipano diversi paesi, tra cui Norvegia, Paesi Bassi e Stati Uniti. In Svezia, culla di Vision Zero, sono stati costruiti nel corso di 15 anni più di 12 mila sottopassaggi o ponti per gli attraversamenti pedonali, e strisce pedonali dotate di luci di segnalazione e dossi per rallentare le automobili in arrivo. Non solo, negli ultimi 10 anni circa 1.500 chilometri di strade sono state dotate di una terza corsia, che può essere utilizzata a turno dagli automobilisti delle due carreggiate per compiere sorpassi: è una soluzione che rende una strada a due corsie molto più sicura e meno costosa del raddoppio della strada.
La Svezia è quindi uno dei paesi con le strade più sicure al mondo: il numero di morti causati da incidenti stradali è di 3 ogni centomila abitanti, molto al di sotto della media dell’Unione Europea (5,5) e di quella italiana (6,2). In questo Paese si è anche ridotto il numero degli incidenti mortali: negli anni Settanta erano più di 1.500 l’anno, nel 2013 sono diventati meno di 300. Il fatto che ci siano ancora morti è dovuto all’errore umano impossibile da eliminare in modo definitivo. Per risolvere il problema si dovranno attendere auto con rilevatori automatici di tasso alcolemico, o sistemi di allarme in grado di evitare la collisione all’ultimo secondo, oppure auto col pilota automatico – e qui Google e molte case automobilistiche si sono già messe all’opera.
Per attuare questo programma quindi, comodità e costi – stimati intorno a decine di milioni di dollari – non devono essere le priorità: la pianificazione della rete stradale deve essere in cima alle priorità perché il programma funzioni. Il problema, soprattutto italiano, è quello di trovare i fondi, senza i quali non sarebbe possibile pianificare nulla. Sarà mai attuabile un piano del genere in Italia?
Manuela Caputo