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Perché salta il wi-fi in treno?

Non è detto che quando viaggiamo in treno la connessione non funzioni a prescindere, ma nel caso ci fosse qualche intoppo col segnale, vi spieghiamo il perché.

Cellulari, palmari e tablet sono tecnologie che conosciamo tutti benissimo. Ma se non avessero la connessione ad internet, li riterremmo altrettanto utili? Non si può dare una risposta valida per tutti, ma si può affermare che per la maggior parte delle persone questi dispositivi perderebbero buona parte della loro utilità. Proprio non possiamo fare a meno della connessione insomma, neanche quando siamo in viaggio seduti comodamente in treno. Ed ecco spiegato quel ticchettio all’occhio, o qualsiasi altro sintomo di fastidio, che si manifesta quando la connessione internet non funziona. Vi siete mai chiesti perché?

Partiamo dall’inizio, precisando che ci sono due modi per connettersi ad internet: via satellite o tramite rete cellulare. In Italia il primo metodo non è più utilizzato: ci sono troppe valli, gallerie e altri ostacoli naturali per permettere ai satelliti di tenere “on-line” i treni.

Italo – che aveva sperimentato questo tipo di connessione – da dicembre 2014 è passato alla tecnologia cellulare, appoggiandosi a Telecom e Wind, mentre Trenitalia utilizza da sempre la rete cellulare appoggiandosi a Telecom. Questa rete funziona meglio dei collegamenti satellitari, ma anche lei presenta qualche problema. I motivi principali del suo malfunzionamento sono due: la copertura non uniforme su tutto il territorio e l’alta velocità.

Per quanto riguarda la prima causa, possiamo facilmente notare come la copertura non sia omogenea su tutto il paese: ad esempio in montagna è sicuramente meno forte che in città, basta dare uno sguardo alle tacche che indicano la potenza del segnale; così come è più forte mentre siamo fermi in stazione di quando siamo in movimento tra una città e l’altra, e la debolezza del segnale fa rallentare o cadere del tutto la connessione. Inoltre più persone ci sono a bordo, più questo segnale deve essere condiviso da un numero maggiore di viaggiatori: se il treno è affollato di naviganti, la ricezione non sarà di certo ottima.

Il secondo problema è legato alla velocità del treno. Il segnale di ogni singolo ripetitore copre un’ area, lungo il viaggio tutte le connessioni (ma anche le chiamate e i trasferimenti dati che stiamo facendo sul nostro telefonino) devono essere spostate da un’area all’altra – si tratta del cosiddetto handover – e può accadere che in questo passaggio qualcosa vada storto e la connessione salti. Senza contare che spesso un treno si può trovare con una carrozza all’interno di una cella e una carrozza ancora in un’altra.

Questi i motivi principali, ma chi fa il pendolare avrà sicuramente sentito nominare guasti a causa del furto di rame. Cosa centra in tutto questo il prezioso metallo? La sua ottima capacità di condurre calore ed elettricità certo, ma anche il suo valore, quintuplicato negli ultimi dieci anni e motivo di numerosi furti. Oggi diversi ripetitori che dovrebbero fornire un segnale all’interno delle numerose gallerie della tratta ad alta velocità non funzionano perché i cavi di rame che dovrebbero alimentarli sono stati rubati. Niente rame, niente connessione.

Come risolvere il problema quindi? Installare a bordo nuovi router porterà solo dei miglioramenti marginali, perché il problema viene dall’esterno, cioè da come i ripetitori riescano a stabilire la connessione.

RFI, la società che gestisce le linee ferroviarie italiane, sta progettando la sua soluzione: lungo gran parte delle linea ad alta velocità esistono già centinaia di chilometri di fibra ottica che RFI utilizza per le sue comunicazioni interne e per i test sulla linea. Questa rete in fibra ottica potrebbe essere utilizzata per creare una specie di “tunnel wi-fi”, attraverso l’installazione di un’antenna wi-fi collegata alla fibra ottica già installata da RFI in cima ai sostegni che forniscono corrente ai treni. In questo modo i treni si troverebbero a passare lungo un’area wi-fi dedicata esattamente al binario sul quale stanno viaggiando e alla quale potrebbero restare agganciati senza  difficoltà. Non sono ancora stati specificati i costi del progetto, ma è certa la sua onerosità. Intanto si deve attendere il termine della sperimentazione.

Manuela Caputo

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