Martedì scorso l’Amministratore Delegato di FCA, Sergio Marchionne, ha incontrato i dipendenti dello stabilimento di Termoli annunciando che il sito è stato scelto per la produzione di due nuovi motori Alfa Romeo. Conseguentemente, la cassa integrazione nella fabbrica in provincia di Campo Basso, dove attualmente lavorano 2.400 persone, verrà azzerata e nei prossimi mesi saranno assunti 50 giovani. Forza lavoro, quest’ultima, legata anche alla necessità di avviare i terzi turni su alcune aree dei cambi.
Da quando l’Alfa Romeo è entrata nell’orbita Fiat, ormai 28 anni fa, si è assistito a un progressivo abbandono dei motori realizzati ad hoc. Il primo segnale è stato il 2 litri turbocompresso della Fiat Croma sotto il cofano della 164, pur con opportuno potenziamento. Una scelta che nel 1988 ha “fatto storcere il naso” a molti, costringendo a realizzare il famoso 2.0 V6 Turbo, propulsore al 100% Alfa. Nel corso degli anni è terminata la produzione degli storici boxer e 4 cilindri bialbero in alluminio, rimpiazzati dai Twin Spark 16V con testata specifica progettata ad Arese, poi è toccato al V6 “Busso” cedere il passo a un analogo propulsore di origini Holden, debitamente rielaborato dai tecnici del Biscione. Motore realizzato in Australia secondo l’ex alleanza Fiat –General Motors che non ha mai convinto gli “Alfisti doc”, così come scetticismo hanno suscitato i vari 1.9 e 2.2 JTS figli anch’essi di quel “matrimonio naufragato in pochi anni”. Successivamente, una volta sciolta l’alleanza con il primo partner americano, le Alfa Romeo hanno visto l’adozione di motori Fiat tout court (1750 TBI che potete vedere in foto escluso), una scelta che ha determinato l’ eccessiva standardizzazione con gli altri Marchi del Gruppo, nel frattempo diventato Fiat Chrysler Automobiles. L’apice di questo appiattimento si è verificato con l’impiego del bicilindrico TwinAir sulla MiTo, unità eccellente senza ombra di dubbio ma che poco o nulla ha a che fare con la grandiosa storia motoristica della Casa milanese. Negli ultimi due anni, però, Sergio Marchionne ha “battuto i pugni sul tavolo” ritenendo giustamente come il rilancio (definitivo e che non ammette sbagli) dell’Alfa Romeo deve passare attraverso il recupero di due aspetti fondamentali: trazione posteriore e motori esclusivi.
Il primo motore Alfa Romeo della nuova era è un 4 cilindri a benzina, che nel comunicato ufficiale viene preannunciato come dotato di tecnologie avanzate e potenza elevata. Stando a indiscrezioni, si tratterebbe di un 2.0 litri interamente in alluminio sovralimentato mediante un turbocompressore, con potenza variabile da 240 a 300 CV. Tale propulsore è frutto della rinata progettazione Alfa Romeo, composta da tecnici eccellenti provenienti sia dal Marchio di Arese stesso che da altre realtà anche esterne tra cui la Ferrari. Un nucleo, situato a Modena, fortemente voluto da Sergio Marchionne per ridare la giusta autonomia all’Alfa senza condizionamenti di alcun genere. Il secondo propulsore è un 6 cilindri di derivazione Ferrari, anch’esso sviluppato appositamente per il Marchio del Biscione Visconteo. E proprio la collaborazione tra queste due Case di altissimo prestigio, da un lato è uno scambio di know how ed esperienze che porterà a due motori “best in class” per potenza e tecnologie, dall’altro costituisce un omaggio al passato. E’ risaputo, infatti, che Enzo Ferrari creò la propria Scuderia utilizzando le Alfa Romeo.
Il sito di Termoli è stato scelto per l’altissima professionalità degli addetti, ma anche per altre ragioni. In primis, è ben chiaro che le Alfa Romeo devono avere motori realizzati in Italia. Conseguentemente, non essendoci più lo stabilimento di Arese e avendo quello di Pratola Serra destinato ad altre unità, tra cui l’Alfa 1750, Termoli appariva l’opzione più logica. Senza dimenticare che il V6, pur di matrice Ferrari, andrà su modelli di diffusione abbastanza ampia e a Maranello (giustamente) non si può contare sui grandi numeri di produzione. In conclusione, la prima Alfa Romeo a impiegare gli inediti motori sarà la berlina che verrà svelata il 24 giugno ad Arese, presso il riqualificato Museo Storico del Biscione Visconteo. Una vettura a trazione posteriore, con pesi ripartiti pari di 50-50 sui due assali e lo stile disegnato da Lorenzo Ramaciotti (“padre” del Duetto quarta serie, per intenderci). Non si chiamerà Giulia, ma probabilmente Milano e rappresenterà il primo tassello del rilancio. Chissà, magari tra qualche anno i tecnici della BMW torneranno a dire: “Noi? Siamo l’Alfa Romeo tedesca”.
Gian Marco Barzan