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Letter a un Black Block

C’è stata una guerra. Guerriglia reale a Milano. Contro EXPO o meglio, contro gli aspetti peggiori che vi girano intorno. Idea contestatrice persino comprensibile, non fosse che un manipolo di idioti metta tutto a ferro e fuoco senza logiche utili. Vetrine sfondate, negozi devastati, auto come falò non sono ribellione al sudiciume, ma semplici goffi vandalismi. Intorno, una manifestazione pacifica.

La bella figura l’hanno fatta loro, e poi i cittadini (anche da centri sociali) che si sono incontrati per aiutare a ripulire i pezzi. Anche di Domenica, anche nelle aree C impostate come una slot machine mangia soldi anziché come parte di un piano metropolitano, oltretutto evitando di farne un fatto politico come avrebbe voluto un sindaco che (non importa da quale lato si metta politicamente) farà probabilmente sentire a pochi la sua futura mancanza (e lasciamo stare la sua “non candidatura” resa nota con far strano prima del via di EXPO; impressione della serie “meglio allontanarsi dall’impiccio”).

Alcuni di quelli che si sono ritrovati l’auto polverizzata, a esempio, non hanno nella polizza assicurativa la copertura per “atti vandalici”; e magari non hanno i soldi per comprarne un’altra di auto, magari non sono ricchi e soprattutto, magari non sono tra i consapevoli lestofanti che seminano questo odio.

Se voi Black Block volete ergervi a contestatori dell’ingiusto, idealisti antimarciume, fatelo attivando al massimo i neuroni invece delle mazze e degli accendini. Volete essere come “V”? Ebbene, gli ideali non temono le pallottole ma non si perseguono neppure con atti idioti che penalizzano chi è arrabbiato anche più di voi. I velenosi del sistema si contrastano con azioni mirate di informazione, non “pirlando” nel mucchio.

Il marcio è nella burocrazia, negli effetti del marketing che appoggia i forti e furbi anziché i virtuosi. Per insistere sul punto serve conoscere il campo in cui giochi e usare le tattiche e la perseveranza che servono.

Per un evento mondiale come EXPO con l’alto fine alto di far emergere il valore del cibo per tutti, chi ha selezionato gli sponsor? Capisco più la Coca Cola, con la scusa che compie 100 anni (e poi io stesso, credetemi, l’ho trovata attraversando il deserto sahariano; una bottiglia di acqua non c’era, la Coca Cola sì), ma McDonald’s? Insopportabile. Nota la sua campagna contro la pizza, e qualche domanda sugli azionisti che hanno spinto la sua sponsorship, dalla “strana” BlackRock Institutional Trust Company fino, guarda caso, alla più importante banca tedesca. L’occasione per far risalire le quotazioni a Wall Street a favore degli azionisti.

Ma pessimi esempi di capitalismo giocano anche in casa; l’ingannevole pubblicità di Garanzia Giovani che si assicura i contributi europei per un pressoché inesistente lavoro interinale, o le dubbiose operatività di Eataly. Solo per iniziare.

Far crollare chi prende decisioni colluse, bara i parametri, falsa i codici o i dati del merito. Invece di rompere vetrine a caso, chiedetevi come funziona il sistema, il perché delle tante facce di CEE o ONU impostate volutamente per controllare l’opinione pubblica. ONU che per esempio ha tre sezioni interne che si contraddicono per scelta strategica: quella del “i biocombustibili aiutano l’ambiente” contro “toglie terra per combattere la fame“, o ancora “si coltiva terra altrimenti inutile”.

L’Africa (specie centrale) è stata derubata e vive soggiogata.

Volete contrastare le ingiustizie? Evitate di fare figure come quelle del tipo intervistato della frase “facciamo bordello” che oltre apparir privato di utili parti cerebrali viene deriso da mezzo mondo dei social net.

Avrete pur qualche sapientone informatico che riesca a vedere le schifezze di un computer, qualcuno che interpreti certi giochetti di governo, di tanti brand o marchi che puntano sul business proprio e non sulle qualità del lavoro, qualcun che voglia scovare appalti truccati, soldi regionali o di consigli comunali girati come al Monopoli.

Se vi sentite duri prendete coscienza che servono anche queste logiche, strategiche fatiche. Vale più una rete informatica (di buon gusto) che “fare bordello”.

Noi faremo il nostro e imposteremo un magazine web denso di fatti curiosi, ma che non lasci scampo. Chi ha voglia e tempra ci seguirà.

Fabrizio Romano

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