MotorAge New Generation

Il futuro dell’auto? Senza conducente, senza semafori e condivisa

Una ricerca sul futuro dell’auto, condotta da un italiano, del Mit di Boston rivela come sarà la mobilità urbana. Che a Singapore e New York sta già per diventare realtà.

Che il futuro dell’auto sia già cominciato è cosa risaputa, ma spesso le novità si conoscono solo quando vengono presentate sul mercato, è difficile entrare in contatto con chi – di questo futuro – è ideatore e costruttore diretto.
È il caso, per esempio, del ricercatore del Cnr Paolo Santi, italiano doc che al Mit (Massachusets Institute of Technology) di Boston lavora da anni come coordinatore dei progetti sulla mobilità, incrociando tecnologie digitali, big data e sistemi di trasporto e che ha appena presentato le sue più recenti ricerche.

Che sono sfociate in un progetto per la città di Singapore, a suo stesso dire “la metropoli più all’avanguardia nel campo del trasporto pubblico”, dove già nel 2016 partirà una nuova tecnologia per introdurre auto senza conducente in ambiente urbano aperto.
Il progetto si chiama Wave (il demo video è visibile su senseable.mit.edu/wave) e, facendo leva sulle auto senza conducente, mira a sviluppare entro pochi mesi i primi prodotti commerciali in grado di assegnare una sorta di slot a ogni vettura, abolendo così i semafori, causa di lunghe code e forte inquinamento, consentendo di fatto il raddoppio di flusso di traffico rispetto al sistema tradizionale e riducendo del 30% le emissioni inquinanti.
Si partirà con una decina di auto e all’inizio ci saranno dei conducenti/tutor che affiancheranno i passeggeri per superare la diffidenza iniziale nei confronti di un’auto che si guida da sola. «Nasceranno Ztl dedicate» ci dice Santi «e si realizzeranno i primi semafori intelligenti, un campo questo dove la ricerca del Mit è particolarmente avanti».

L’altra chiave della futura mobilità si chiama sharing mobility, vale a dire il fatto che sempre più persone nel mondo – Italia compresa, dove la utilizza un cittadino su cento – condividano auto, autobus e pullman. La nuova frontiera delle grandi metropoli anzi è rappresentata dalla possibilità di condividere tra più utenti lo stesso viaggio in taxi.
A New York, dove il 40% del traffico è prodotto dagli spostamenti con questo mezzo, si contano ben 500.000 corse al giorno. «Al Mit» rivela Santi «abbiamo analizzato 110 milioni di queste corse arrivando al concludere che la gran parte potrebbe essere condivisa, con un taglio dei viaggi in taxi del 40%, servendo lo stesso numero di persone, e soprattutto con una riduzione del traffico tra il 16% e il 20%. E in parte questa condivisione nella Grande Mela è già partita».

Secondo i ricercatori del Mit questo risultato, davvero notevole, non sarebbe raggiungibile solo a New York, ma anche in altre metropoli come San Francisco, Singapore o la stessa Milano, dove lo sharing ha già preso parecchio piede. «L’unica vera difficoltà» conclude Santi «è l’effettiva volontà di condividere con uno sconosciuto il sedile posteriore della vettura». Ma – aggiungiamo noi – davanti a un sensibile risparmio economico, di questi tempi anche questo scoglio potrà essere facilmente superato.

Marco Infelise

 

Exit mobile version