Polizze e scatola nera – privacy a rischio
Le compagnie promettono riduzioni del premio Rc auto per chi installa le ” black box “, ma dal 2012 manca ancora il regolamento attuativo dell’IVASS che, con la diffusione massiva della scatola nera doveva garantire una serie di tutele agli automobilisti. Non ultima quella contro possibili rischi di hacking .
Sul fattore privacy degli automobilisti “inscatolati” con la spia a bordo, il sistema politico italiano non sembra sia stato molto solerte.
Sebbene una stima dell’ANIA indichi che sono già circa tre milioni le auto italiane in circolazione su cui sono installate le famigerate “scatole nere”, le tutele sulla privacy a cui hanno diritto gli automobilisti che acconsentono ad installare l’apparecchio sulla propria vettura in cambio di uno sconto sulla polizza Rc, si sono infrattate nel dimenticatoio.
Dal 2012, qualcosa non deve essere funzionato a dovere nei passaggi necessari per rendere completamente operativo il “Decreto Liberalizzazioni” (DL 1/2012), che insieme alle riduzioni del premio, prevedeva anche l’emanazione di un regolamento attuativo da parte dell’ISVAP (oggi IVASS).
Ad evidenziarlo è il giurista e già Garante della Privacy, Francesco Pizzetti, che spiega: “Nell’intento di proteggere e tutelare la parte più debole, cioè l’assicurato, il quadro giuridico delineava in questa materia una disciplina estremamente minuziosa, che se attuata e rispettata avrebbe potuto trovare risposta convincente e chiara ai mille problemi che comporta l’utilizzo della scatola nera su un autoveicolo rispetto alla protezione dei dati personali, ai rischi di intercettazioni e, ancor più oggi, anche a quelli di hackeraggio. La mancata attuazione non è dovuta però al Ministero dei Trasporti, che tempestivamente emanò il regolamento di sua competenza relativo agli aspetti tecnici – sottolinea Pizzetti – ma all’inspiegabile inerzia dell’Ivass. Questa Autorità, infatti, predispose a suo tempo, con la collaborazione del Garante, lo schema di regolamento e lo mise anche in consultazione pubblica nel marzo 2013. Tuttavia il procedimento non si concluse e il regolamento non fu mai emanato. A mia conoscenza non è mai stato spiegato perché”.
A proposito dei pericoli dovuti alle vulnerabilità delle tecnologie delle vetture, comprese le scatole nere, a lanciare un altro allarme è Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy:
A sentire le sue parole, le intrusioni nelle tecnologie delle auto da parte degli hacker non è affatto un pericolo remoto. informatici a caccia di notorietà o conferme della propria bravura potrebbero a nostra insaputa sabotare funzioni importanti, dal computer o da un semplice smartphone. E c’è dell’altro – spiega Bernardi – “In assenza di certezze sulle misure di sicurezza, non sappiamo chi effettivamente accede ad informazioni sensibili che spesso riguardano la nostra sfera privata, potendo conoscere esattamente dove siamo e a che ora attraverso il sistema gps”.
Di fatto, la privacy dei circa tre milioni di automobilisti che attualmente hanno installato la ” black box ” ( o scatola nera ) non è affatto garantita, e sebbene la norma del Decreto Liberalizzazioni sembra non sia ancora stata legittimamente resa operativa, le compagnie continuano a proporre sconti (a volte neppure tanto vantaggiosi) a chi accetta di essere monitorato 24 ore su 24 – spesso senza considerare le tutele che sarebbero riconosciute per legge. Le assicurazioni possono più facilmente individuare la colpa in caso di incidente, e possono tenere sotto controllo il tipo di guida (accorta, vigile, rispettosa oppure disattenta se non addirittura spavalda). Ma anche dove si va e quando.
Il fattore controllo dell’auto coinvolge spietatamente il fenomeno hacker o hacking che su MotorAge.it abbiamo recentemente e ampiamente trattato ( Clic qui ).
Per esempio sul fatto che negli USA degli ingegneri informatici abbiano dimostrato come sia possibile “bucare” le tecnologie funzionali delle vetture, prendendone anche il controllo.
Se vi capitasse che l’auto azioni da sola i tergicristallo, azioni il climatizzatore e lo stereo, mentre dà anche un colpetto di clacson e sprema l’acceleratore, non è il software della mitica “KITT” del serial “Supercar” anni ’80: più plausibile che la vostra elettronica e i chip siano in tilt, oppure potrebbero essere stati gli hacker che giocano con la vulnerabilità dei sistemi tecnologici. Con effetti più o meno pericolosi.
Omai affidare un lavoro di hacking costa poco, e a un abile hacker basta un comune smartphone. Molto chiara l’intervista a uno che conosce il suo mestiere come Jan Valcke – Presidente e COO di VASCO Data Security – Azienda sicurezza in internet – al quale la redazione di MotorAge.it sta ponendo un’altra serie di domande per un’intervista che si prevede “infuocata”.
Del resto la questione è apparsa talmente delicata che negli Stati Uniti è stato tempestivamente preparato un disegno di legge “ad hoc” per definire precisi standard di sicurezza informatici ed un sistema di valutazione del livello di protezione delle auto, ” black box ” incluse. Intanto per lo stesso motivo FCA ha deciso di richiamare cautelativamente dal mercato circa 1,4 milioni di veicoli nuovi. E vari marchi stanno offrendo sistemi per “schermare” meglio alcuni dei propri modelli.
Io l’ho messa e mi trovo bene!
Però la privacy dei circa tre milioni di automobilisti che hanno installato la scatola nera non è affatto garantita
Intanto tre milioni l’hanno installata
A me secca un pochino che l’assicurazione debba conosce tutti imiei movimenti
No problem per chi non ha scheletri nell’armadio…
Bravi bravi rinunciate anche a questa liberta’ garantita dalla costituzione ovvero la libera circolazione dei cittadini senza alcun tipo di controllo da parte dello stato o altri…mentre certi politici si arricchiscono ottenendo tangenti dalle assicurazioni per far passare questo atto di regimebravi italiani……siete proprio degli inutili automi.