Alimentazione a idrogeno – ora si fa sul serio
L’alimentazione basata sull’uso dell’idrogeno corre veloce, molto più veloce di quanto generalmente si possa pensare. La fase preparatoria è finita, ora si fa sul serio . Il Salone di Tokyo di quest’anno lo ha fatto intendere chiaramente, attraverso novità, concept, conferenze e progetti. Lo abbiamo visto in vari articoli e approfondimenti. Fuel-cell e idrogeno sono il mix su cui hanno puntato grandi brand, aziende specializzate e forze dell’economia mondiale .
Gli accordi firmati da grandi brand automotive e gruppi industriali avevano fissato il 2015 come termine per avviare una distribuzione concreta e progressiva di modelli a idrogeno.
A dare una ulteriore spinta ci si sono messe anche le situazioni geopolitiche in evoluzione: fanno paura. E’ diventato urgente staccarsi dalle schiavitù dei carburanti derivati dal petrolio (e i biocombustibili sono del tutto insufficienti): ci sono ancora Paesi fornitori ritenuti affidabili, ma il tasso di tranquillità è in ribasso.
La paura fa miracoli. Il Nord America avrebbe una riservapetrolifera per venti anni e la raffinazione vale il fabbisogno interno di una percentuale altalenante a seconda delle fonti, tra il 70 e 80 %. L’europa, Italia compresa, non andrebbe oltre il 50%. Ma sono stime, poco realistiche.
L’idrogeno un po’ come una coperta di Linus. Non a caso nel 2015 per la prima volta un motore con sistema di alimentazione a idrogeno con fuel-cell (Hyundai Tucson) è entrato nella lista Best Engine Award.
La denominazione Hydrogen suona molto esotica ma di fatto è un’alimentazione elettrica che rimpiazza l’uso di grandi batterie con un sistema elettrochimico che produce elettricità.
Toyota ha introdotto la Mirai, e in breve tempo sarà seguita da modelli di serie Honda, GM, Mercedes.
Ci sono almeno più sistemi per ottenere energia con l’idrogeno (negli impieghi industriali usa combustibili fossili e dunque, in termini di accumulo di CO2 nell’atmosfera, il bilancio complessivo non cambierebbe molto. L’uso del metanolo continua tuttavia a essere ritenuto valido in ambito militare, meno restrittivo e senza i vincoli civili, come il divieto di trasportare il metanolo in aereo). Le ricerche BMW hanno considerato anche un motore a “combustione interna” utilizzando idrogeno liquido che pone però più problematiche per sicurezza e rifornimento. Le fuel-cell sono diventate dunque la via preferenziale.
Il sistema con fuel-cell (o celle combustibile ) è il “piano base” per la commercializzazione dei veicoli su larga scala.
Sfrutta una reazione chimica che si attiva (in appropriate condizioni di pressione e di temperatura) mediante un catalizzatore (tipico il platino). Con l’idrogeno non c’è alcuna produzione di CO2 – è un’energia “pulita”.
Il prodotto idrogeno non è dunque una fonte energetica ma un vettore.
La sua disponibilità è quasi illimitata, anche se essendo molto più leggero dell’aria, non si trova allo stato libero ma come parte di elementi, specie gas, combustibili fossili e (arma davvero vincente) nella molecola dell’acqua (H2O) – due atomi di idrogeno legati all’ossigeno -.
Stiamo assistendo a una rivoluzione tecnologica . Sulle nostre strade vedremo progressivamente circolare sempre più veicoli con alimentazione a idrogeno – il punto non è però solo la produzione dei veicoli ma anche la presenza di infrastrutture adeguate di distribuzione.
Gli accordi tra i brand (Ford, Mercedes, BMW o Toyota-Honda-Nissan) e la collaborazione dei Governi stanno implementando i punti di rifornimento. Alcuni ottengono idrogeno in casa attraverso l’elettrolisi. Il rifornimento è quantificato in kg. Il pieno si fa in un tempo tra i 3 e i 5 minuti, con un costo che se negli USA è del 50% / 60% inferiore rispetto a quello per un veicolo a benzina, su altri mercati comporta risparmi anche superiori.
L’Italia è però molto indietro in questo processo, non solo rispetto a nordamerica e Paesi asiatici, specie Giappone, ma anche bei confronti del resto d’Europa. Stiamo pensando alle colonnine elettriche quando dovremmo già essere un passo oltre.
Fuel-Cell – Tecnicamente il motore elettrico a idrogeno sfrutta l’unione dell’idrogeno e dell’ossigeno per liberare energia tramite una sorta di stack di batterie chimiche capaci di produrre energia elettrica combinando l’idrogeno con l’ossigeno dell’aria. Riceve in entrata due flussi: idrogeno dal polo negativo e ossigeno dal polo positivo. Quando gli atomi di idrogeno vanno a contatto con il catalizzatore, gli elettroni si separano dal nucleo, generano energia elettrica e si spostano verso il polo positivo. Senza entrare in troppi tecnicismi, consideriamo che l’acqua serve anche a raffreddare le celle.
Le Fuel-Cell hanno nell’uso automotive dimensioni abbastanza contenute e riescono a produrre la potenza necessaria al veicolo e alle funzioni elettriche ed elettroniche. L’energia supplementare, o quella derivante da sistemi di recupero di energia, come in decelerazione e frenata, sono accumulate in piccole batterie ioni-litio per fornire forza extra.
Una cosa è certa. L’idea di poter sfruttare l’elemento più diffuso nell’universo e sulla Terra per muovere le nostre automobili è la scommessa su cui si stanno investendo i grandi capitali.
Curiosità – Bombast von Hohenheim, meglio noto come Paracelso (con Turquet De Mayerne e Robert Boyle furono i primi che nel XVI secolo riuscirono a produrre idrogeno per reazione di acidi.
I sistemi di propulsione delle nuova generazione HEV (veicolo ibrido elettrico), PHEV (veicolo ibrido elettrico plug-in) e FCV sono alle basi della mobilità evoluta e di nuova generazione.
Le altre due vere alternative
Ibridi : alchimie versatili –
La tecnologia del veicolo ibrido conosce delle varianti, ma in sostanza rappresenta la combinazione di due o più fonti energetiche. Per esempio, motore a combustione (benzina o Diesel) insieme a generatore di energia elettrica. Toyota e Nissan hanno fatto da traino: sono loro i modelli più venduti. La concorrenza è oggi molto più accesa. Varie case costruttrici sono state spinte all’evoluzione di sistemi full-hybrid : permettono anche l’uso della sola modalità elettrica (entro parametri definiti) ricaricano le batterie con l’energia dissipata in decelerazione, frenata, a bassi regimi o in fase di stop. Il mercato ha creato matrimoni variegati: americani con tedeschi, americani con francesi, francesi con giapponesi ecc.
Un ruolo cruciale lo ha la trasmissione, per regolare la coppia motrice nei passaggi di funzionamento di elettromotori e motore endotermico. I moduli ibridi possono prevedere anche un motore-generatore associato a uno o due motori elettrici per ottenere quattro ruote motrici. E’ il caso, per esempio, della DS 5 Hybrid (versione ibrida del modello eletto auto dell’anno 2015 dalla UIGA).
I costi per sviluppare delle moderne batterie Litio non sono facili da gestire. Immancabili pareri controcorrente sostenengono che i sistemi ibridi richiedono un gran dispendio di risorse per un risparmio tutto sommato modesto di carburante. Alcuni costruttori puntano sull’aggiunta della ricarica Plug-in (dalla presa elettrica).
Elettriche : energia ad alto voltaggio –
Le compagnie petrolifere vennero accusate di aver acquistato i brevetti di batterie innovative sfruttando la “patent protection” per frenarne l’utilizzo. Anche se è vero, e se questo costringe molti piccoli costruttori a usare ancora anziane batterie nichel-cadmio o nichel-metal-idrato, il mondo dei veicoli elettrici cresce. Sono i veicoli Z.E. a Zero Emissioni.
Le proposte più evolute adottano pacchetti di batterie agli ioni di Litio.
Chi passa vicino a un veicolo elettrico non lo sente. La silenziosità che veniva considerata un pregio, ora sta diventando un problema, tanto che, per motivi di sicurezza, si stanno sviluppando sistemi che possano far riconoscere la presenza vicina di un veicolo Z.E.
Aumentano intanto le potenze delle batterie e l’autonomia, ormai in molti casi vicina a quella di modelli tradizionali. La difficoltà è proprio nell’aumentare la potenza generata e di uscita, dei Watt e kWh.
Per la ricarica Plug-in meglio avere due set di cavi, in modo da connettersi sia alle centraline predisposte nel territorio (di cui in Italia siamo ancora debolucci), sia per chi ha la possibilità di effettuare la ricarica nel proprio box (in media siamo sui 3 / 6 kW ora – per 70 kW / 90 kW). I tempi per un “pieno” completo sono quindi abbastanza lunghi: una nottata diciamo?
Ma vedi la Tesla che ha l’accelerazione di una Ferrari, e sta collocando in modo massiccio (specie in nordamerica ma anche in Europa) colonnine con tecnologia Supercharger capaci di realizzare la ricarica nel giro di tre minuti. Intrigante il video di “gara di pieno” con un’auto dal distributore.
Test già in fase avanzata, sia per auto ibride sia per elettriche riguarda la ricarica wireless. Il sistema di ricarica usa la tecnologia a risonanza magnetica, che trasmette elettricità utilizzando la risonanza derivante da variazioni di intensità del campo magnetico tra l’induttore sul terreno, che trasmette, e un induttore nel veicolo, che riceve. Comprene anche l’assistenza al parcheggio. Anche in questo caso bisogna attendere le infrastrutture. Come abbiamo descritto in altri articoli, sono alla prova in zone di USA, Canada e Olanda.
L’Italia è però molto indietro con l’idrogeno
Paura che finisca il petrolio?