Bosch ha studiato un modo per eliminare questo stress mediante il suo sistema “community-based parking”, una piattaforma di servizi aperta. La caratteristica peculiare della soluzione starebbe nel fatto che l’auto stessa identifica gli spazi di parcheggio liberi ai bordi dei marcia-piedi, e poi condivide con altri utenti ciò che ha trovato. Le informazioni vengono inserite in una cartina digitale dei parcheggi e trasmesse a tutti i veicoli che adottato il sistema. Un servizio che ridurrebbe parecchio i tempi per la ricerca del parcheggio e di conseguenza anche l’impatto ambientale nelle città. I progettisti prevedono che sarà disponibile entro il 2018.
L’identificatore – Si svolge attraverso l’azione programmata di sensori e navigazione, secondo quanto spiega Dirk Hoheisel, del Board Management di Bosch. Ormai vari nuovi veicoli vengono dotati di una funzione di assistenza al parcheggio. Bosch inserisce i sensori a ultrasuoni in questi assistenti e li pro-gramma per renderli in grado di rilevare i parcheggi ai bordi dei marciapiedi.
Le auto possono così identificare gli spazi liberi tra le auto parcheggiate ai bordi dei marciapiedi mentre vi passano accanto, fino a velocità di 50 km/h (e anche oltre). Quindi, le informazioni memorizzate diventano disponibili per essere condivise. Come con un sistema “open source”.
Un dubbio che può venire riguarda le “variabili” da considerare, quelle “fisiche” (proprio il concetto di “spazio = parcheggio”) e legislativo, anche da Paese a Paese. Per esempio, noi vediamo in città bordi strada con strisce gialle, o blu, con spazi a pagamento, per fascia oraria o dedicati ai residenti, oppure a disabili. Lo spazio libero può essere “intercettato”, ma deve anche essere realmente usufruibile. Con la mappatura che deve essere tanto intelligente da considerare ogni differenziazione. E ogni cambiamento di zona, provincia, comune.
Insomma, la tecnologia è potenzialmente utilissima, ma vogliamo vederla operativa in modo globalizzato. Molti aspetti devono secondo noi essere messi a punto, e stiamo chiedendo a Bosch delle delucidazioni in tal senso. I parametri principali vengono comunque già a galla.
La validità del “sharing”, in questo caso della condivisione di informazioni sul parcheggio, sta nel modo in cui vengono gestiti i dati. Il fatto che l’auto rilevi lo spazio al bordo marciapiede non significa che lo valuti automaticamente come un parcheggio utile. Potrebbe trattarsi di un vialetto, di una fermata di bus o un divieto di sosta. Bosch afferma di aver trovato la soluzione anche a questo. Applica dei metodi di ‘data mining’ per identificare inequivocabilmente spazi che sono realmente parcheggi utilizzabili.
E’ come dire: se tanti vedono per cinque minuti un negozio di focaccia è probabile che si tratti di un panettiere!
Raggiungendo un certo numero di utenti, Bosch afferma che potrà fornire informazioni persino sulla lunghezza e larghezza di uno spazio parcheggio. Quindi, ciascuno saprebbe anche se è adatto al proprio veicolo, sia un motorhome o un’auto compatta.
Il flusso di informazioni (e qui si impone la velocità di elaborazione) deve essere in tempo reale. Un parcheggio fa presto a essere occupato!
Secondo lo studio condotto con l’Università tecnica di Monaco di Baviera, per generare una cartina digitale dei parcheggi “credibile” ed efficace serve un gran numero di veicoli equipaggiati del sistema (circa l’1% indica Bosch, percentuale che anche valutata per città ci sembra considerevole). Per questo Bosch punta al coinvolgimento diretto di diverse case automobilistiche.
Sarebbe comunque davvero una condivisione di informazioni molto funzionale. Per contrastare lo stress, agevolare i traffico, e fare pure un favore all’aria.