Una ricerca condotta dalla società di consulenza Bain rivela la soluzione per tagliare le code in città
Ai tempi dei cantieri, delle grandi fabbriche e dei centri gestionali c’era il pullman, o quantomeno il pulmino, che passava un paio di volte al giorno e trasportava da casa al lavoro i dipendenti. In epoche più recenti, si è chiamato navetta, e almeno le aziende più virtuose potevano contare su un servizio di questo genere tra i benefit di chi lavorava per loro. Adesso la soluzione della mobilità lavorativa si chiama invece condivisione. Frutto della globalizzazione, ma anche di città che inglobano periferie e hinterland, e di lunghe code con automobilisti a bordo quasi sempre soli. È quanto rivela uno studio di Bain, società di consulenza strategica fondata nel 1973 e presente in 34 paesi, sul futuro della mobilità in Italia. Lo studio ha analizzato i dati di alcune città con risultati poco incoraggianti. A Roma, per esempio, secondo l’ultima indagine Tom Tom, ripresa dallo studio, nell’ora di punta i tempi di percorrenza aumentano in media del 40%. E secondo il Censis sono circa 10 milioni i pendolari che ogni mattina utilizzano la macchina per raggiungere il proprio posto di lavoro in città, con una media di tratta dalla periferia al centro di 30 chilometri. Numeri che preoccupano.
La soluzione, secondo lo studio, sarebbe quindi quella di creare una gestione condivisa delle auto aziendali, attraverso la formazione di un parco mezzi gestito da un vero e proprio mobility manager, condiviso da un gruppo di aziende concentrate in una determinata zona e offerto ai dipendenti a tariffe agevolate. Anche perché, concludono i ricercatori, i mezzi di mobilità alternativa, come il car sharing, anche se già conosciuti ai più (l’87% del campione) sono invece ancora poco usati (solo dal 13%). E lo sono solamente dai più giovani, visto che oltre la metà dei pendolari si dichiara non disposto a far ricorso a forme alternative all’auto tradizionale nei prossimi tre, cinque anni.