Verranno citate in giudizio, nell’ordine, la Federazione Internazionale dell’Automobile, il team Marussia nel quale aveva gareggiato il figlio e il vertice di gestione del campionato Formula 1, di cui il presidente esecutivo è Bernie Ecclestone. I parenti di Jules ritengono che non siano stati rispettati tutti i parametri di sicurezza e vogliono far luce sulla vicenda che presenta ancora molti lati oscuri. E non potrebbe essere altrimenti vista anche l’eco mediatica che ha avuto l’accaduto nei mesi a venire. Da questo punto di vista sorprende (e anche parecchio) che non sia stato chiamato in causa anche l’operato del comitato di gestione del circuito di Suzuka, che avrebbe dovuto garantire il normale svolgimento della gara e che invece ha presentato diverse pecche. Vedremo la piega che prenderà lo strascico giudiziario ma quel che è certo è che la decisione dei Bianchi appare quantomai singolare.
Il 5 ottobre 2014 in Giappone Bianchi, anche a seguito delle condizioni meteo avverse causa l’arrivo di un tifone, andò a sbattere contro una gru a bordo pista che stava rimuovendo la vettura di Adrian Sutil, uscita di gara. Lo sfortunato pilota nell’occasione riportò gravissimi danni cerebrali che per mesi lo tennero sospeso tra la vita e la morte, decretata nello scorso 18 luglio all’ospedale di Nizza, quando non aveva compiuto ancora 26 anni. Da allora molte parole sono state spese e si è cercato di ricondurre la tragedia nell’alveo delle fatalità che hanno purtroppo contraddistinto la storia di questo sport nel bene e nel male. In epoca moderna, anche in fatto di regolamenti per la sicurezza, dopo Roland Ratzenberger e Ayrton Senna durante il GP di San Marino nel 1994, anche Bianchi ha perso la vita in una competizione di Formula 1.
Per il legale appare non si potrebbe parlare dell’accaduto nemmeno come di una fatalità. Lo stesso pensiero è espresso poi dal padre di Bianchi. “Cerchiamo giustizia per Jules e vogliamo stabilire la verità sulle decisioni che hanno portato all’incidente di nostro figlio durante quel Gp -ha dichiarato Philippe Bianchi – come famiglia, abbiamo ancora molte domande in sospeso cui non è stata data una risposta e sentiamo che l’incidente e la morte di Jules si sarebbero potuti evitare se non fosse stata commessa una serie di errori”.
Jules Bianchi, di origini italiane (i suoi antenati erano di Milano), prima della sua prematura dipartita aveva davanti a sé una promettente carriera. Nipote di Lucien (morto nel 1969 durante le prove sul circuito di Le Mans), ha disputato in tutto 34 gare in Formula 1 ottenendo 2 punti, nel GP di Monaco 2014, i primi punti della storia della Marussia. Nel 2009 fu inserito nel programma giovani della scuderia Ferrari e in virtù di un contratto che la casa italiana gli aveva concesso un giorno di test sul circuito di Jerez, nel dicembre dello stesso anno venne messo alla guida della F60. In suo onore il presidente della Fia Jean Todt ha ritirato il numero 17 da lui usato in gara. La commissione d’inchiesta aperta dopo l’incidente, composta tra gli altri da Stefano Domenicali e Ross Brawn, non è riuscita a dare le risposte che in molti si aspettavano. Risposte che la famiglia di Jules cercherà ora di avere per restituire giustizia e onorare la memoria del figlio. Risposte che merita.
Andrea Sicuro