Lasciare il circus da campioni: Rosberg allunga la lista
Ritirarsi da campioni del mondo in carica, portandosi dietro di sé il ricordo del vincente e non quello del fuoriclasse in declino. Come un fulmine a ciel sereno è arrivato l’annuncio di Nico Rosberg che, appena cinque giorni dalla vittoria del titolo ad Abu Dhabi, a soli 31 anni ha deciso di abbandonare le corse, rinunciando a difendere l’alloro appena conquistato nella prossima stagione che partirà quindi senza un sicuro protagonista.
Incredulità e perplessità, certamente. Intanto per i suoi molti fan che hanno sostenuto il tedesco nella lunga rincorsa al coronamento del sogno iridato. Poi per gli amanti di questa disciplina che soprattutto quest’anno hanno avuto modo di apprezzare la tenacia di Nico nell’estenuante testa a testa con Lewis Hamilton. Rosberg, tuttavia, non è che l’ultimo di una serie di piloti che, conquistato l’alloro mondiale, hanno scelto di non ripresentarsi al via delle corse. Basta tensioni spacca nervi. Basta rischi continui. La serenità meglio dei soldi.
Il caso di Nico, nei modi e nella tempistica, si può equiparare al prematuro abbandono alle corse da parte del non ancora 30enne Mike Hawthorn nel 1958 che, raccontano le cronache dell’epoca, una volta sceso dalla macchina al termine della corsa che lo laureò campione con la Ferrari, dichiarò cogliendo tutti di sorpresa: “Con le corse ho chiuso”. Colpisce soprattutto la frase utilizzata un mese dopo per motivare la sua scelta (“Meglio farsi chiedere perché ti sei ritirato, piuttosto che sentirsi dire perché non ti ritiri”). Il suo fu però un destino crudele. Dopo pochi mesi perse il controllo della sua Jaguar Mk1, uscì di strada e lasciò la vita, sul colpo.
Un altro pilota che decise di lasciare le corse all’apice della sua carriera fu Nigel Mansell nel 1992, dopo aver vinto con la Williams il suo unico titolo iridato in una stagione dominata in lungo e in largo.
Nico lascia dopo aver collezionato 23 successi e 30 pole position oltre al Trofeo Pole FIA nel 2014 e nel 2016 il DHL Fastest Lap Award, riconoscimento attribuito al pilota che ottiene il più alto numero di giri veloci durante una stagione. Che fosse un pilota predestinato al successo lo si era intuito dal suo esordio nella Formula BMW nel 2002, in cui conquistò nove delle venti gare complessive e il primo posto nella classifica finale. A seguire nel 2005 il passaggio alla GP2 nel team ART Grand Prix, dove si laureò campione del mondo nel 2005, il primo nella storia con 120 punti e cinque vittorie. Numeri importanti che gli valsero l’anno dopo il contratto con la Williams, con la quale fece segnare il giro più veloce in gara al debutto nel GP del Bahrein, diventando a soli 21 anni il più giovane pilota della Formula uno a raggiungere tale traguardo.
Il primo podio in carriera nel 2008, con il terzo posto a Melbourne. Due anni più tardi il passaggio alla Mercedes come spalla di Michael Schumacher per l’inizio di una bella storia d’amore con la scuderia tedesca. In una crescita con pochi botti ma progressiva. Il primo successo nel Gran Premio di Cina nel 2012, l’anno successivo l’approdo di Hamilton alla casa di Stoccarda che nel frattempo ha messo a punto una vettura capace di dominare nelle stagioni successive.
E’ la svolta nella carriera di Rosberg che inizia a lottare stabilmente per le prime posizioni: dopo il sesto posto del 2013, arrivano due secondi posti dietro a Hamilton, spodestato dal suo trono quest’anno.
Una scelta quella di Nico pure condivisibile, almeno secondo una certa corrente di pensiero, per lasciare con l’immagine del vincente e non rischiare di offuscarla nel momento in cui la carta d’identità presenta il suo conto salato da pagare.
D’altronde, per colmare la propria soddisfazione sportiva cosa avrebbe potuto chiedere di più a se stesso Nico, una volta realizzato il suo sogno? Servirebbe un carattere “affamato” di conferme, e forse lui semplicemente non ce l’ha, non gli serve, o ha altre priorità. Soprattutto dopo un triennio in cui ha dovuto patire la presenza di un pilota dal carisma ingombrante come Lewis Hamilton (lui si un perenne agitato).
Tre anni in cui ha dovuto lavorare duramente non soltanto per perfezionare la guida e la messa a punto della sua potente monoposto ma anche a livello mentale, e di sistema nervoso per non rischiare di rimanere schiacciato dal senso di inferiorità che inevitabilmente riaffiorava di continuo nei confronti del plurititolato collega, a cui il team Mercedes-AMG Petronas ha riservato gloria e onori.
Rosberg fin dal suo ingresso nel circuito ha dovuto convivere anche con la cattiva nomea del “raccomandato” a causa della presenza del padre Keke, campione con la Williams nel 1982. Paragoni e confronti che alla lunga schiaccerebbero molti ma che hanno invece alimentato la fiammella delle motivazioni di Nico per perseguire con tenacia il suo obiettivo di diventare campione della Formula uno.
Dall’altro lato non mancano i critici che sottolineano un pizzico di mancanza di coraggio da parte di da Nico, che avrebbe scelto la via più semplice per farsi da parte. Giacché vincere è difficile ma confermarsi lo è ancora di più, secondo i detrattori, avrebbe dovuto continuare a gareggiare per provare a confermare le sue qualità nel panorama delle corse automobilistiche.
Per questo il suo caso non sarà mai assimilabile a quelli di Alain Prost e Mika Hakkinen rispettivamente nel 1993 e nel 2001, quando annunciarono il loro ritiro dalle corse dopo essere stati capaci di replicare l’impresa compiuta e confermarsi sul tetto del mondo. Non è escluso anche che possa decidere di tornare tra qualche anno, come tentò di fare Michael Schumacher (con scarsi risultati a dir la verità) o come avrebbe potuto fare James Hunt, al quale offrirono un assegno in bianco per ripresentarsi in pista tre anni dopo il ritiro e cinque dopo la conquista del suo unico Mondiale, salvo poi declinare all’ultimo l’offerta di un ritorno alle corse con la Williams.
Ipotesi a parte, Rosberg ha preso una decisione, e la scelta va rispettata. Soltanto il tempo dirà se il suo nome è da iscrivere di diritto alla lista di piloti dal successo precoce ed effimero che si sono bruciati presto, oppure tra i campionissimi di questo sport capaci di realizzare qualcosa di importante e unico. La questione è aperta senza alcuna pretesa di arrivare a una soluzione…
Andrea Sicuro