Poco più che un’illusione. Così si può riassumere la corsa Ferrari nel Gran Premio di Formula 1 di Marina Bay, a Singapore.
La gara più importante dell’anno che avrebbe potuto segnare il controsorpasso di Sebastian Vettel nella lotta al titolo finisce invece con il terzo successo consecutivo, settimo stagionale, di Lewis Hamilton. Il quale a questo punto vede sempre più vicino il ritorno sul trono iridato.
Sono ora 28 i punti di margine che separano il pilota britannico sul diretto rivale in rosso, che può a ragione piangere sulla clamorosa occasione sprecata.
Per la Ferrari c’erano infatti tutte le premesse per portare a casa la vittoria, e anche la leadership nel Mondiale. La pole position strappata alle Red Bull, le Mercedes in terza fila e un circuito sulla carta favorevole alla Rossa e a Vettel.
Tutto vanificato al semaforo verde con una partenza scellerata di entrambi i ferraristi. Autoeliminazione che decide la gara e, probabilmente, il destino del torneo.
Sì, perché rimontare 28 punti alle Frecce d’Argento quando mancano soltanto sei gare al termine diventa una missione ardua. Ancora è possibile crederci soltanto grazie all’appiglio alla matematica. La realtà dice che il titolo costruttori è ormai sulla strada delle Mercedes (98 punti il distacco tra le scuderie) mentre la classifica generale sembra essere fortemente segnata, a meno di clamorosi ribaltoni, come appunto a Singapore.
Il primo ottobre si riparte dalla Malesia. La Ferrari è attesa prima di tutto da un complicato lavoro psicologico. La speranza, si dice, è l’ultima a morire, per cui fa bene il Cavallino a provare a crederci. Come si evince dalle parole di Maurizio Arrivabene (“Il Mondiale non è finito. Lotteremo fino all’ultima gara”). Certo, dopo Monza, la Rossa deve ingoiare un altro boccone amaro, amarissimo, forse il più indigesto di tutti.
Grinta: chi poca chi troppa.
Poco prima del via la pioggia si è abbattuta sulla pista. Un brutto presagio di come sarebbe potuta andare a finire la corsa, disputata in notturna.
Vettel, va detto, non ha aggredito subito come ci si sarebbe aspettati da un pilota leader nella pole e a caccia della vittoria. Come ha fatto invece il suo compagno di team Kimi Raikkonen che però, nel tentativo di sorpassare Verstappen, viene centrato in pieno dall’olandese, nel frattempo stretto nella morsa delle Ferrari.
Il contatto con la SF70H di Vettel è diventato inevitabile. Seb va in testacoda sbattendo il muso contro il muretto. Nonostante la cattiva fama che lo accompagna, in questo caso risulta difficile attribuire colpe particolari a Verstappen, rimasto invischiato nella “carambola”. Attimi assurdi in cui è rimasto coinvolto anche Alonso.
La Ferrari poteva e doveva far gestire meglio la partenza evitando rischi azzardati. Soprattutto se in palio c’è il titolo e la possibilità di togliere punti pesanti a un concorrente temibile come le Mercedes.
Dopo poche curve, la gara per tutti e quattro i coinvolti è già terminata. Hamilton sfrutta al meglio l’inatteso regalo. Brucia Ricciardo e si ritrova al comando davanti all’australiano e al compagno di team Bottas, fresco di rinnovo di contratto.
La gara in pratica si riassume qui. E non spostano gli equilibri gli ingressi di ben tre Safety Car per gli incidenti che colpiscono poi anche Kvyat ed Ericsson.
In queste condizioni, nonostante l’insidia del bagnato, per un tre volte campione del mondo portare a casa la vittoria diventa un gioco da ragazzi. Nella top 10 finiscono sette scuderie diverse, a testimonianza di una corsa impazzita e di un equilibrio insolito da vedersi. Quarta la Toro Rosso con Carlos Sainz, che dal 2018 sostituirà sulla Renault Palmer (6°). Bene anche le Force India di Perez, quinto, e Ocon, decimo. Si ritaglia un posto al sole anche Vandoorne, settimo con la McLaren, seguito da Lance Stroll sulla Williams.
Andrea Sicuro