Dazi auto importate: il presidente americano Donald Trump ha dato avvio a un’inchiesta per introdurre dazi protettivi sulle auto importate negli Stati Uniti. Alla base, motivi di sicurezza nazionale. Le tariffe possono salire fino al 25%. Ma intanto infuriano le polemiche per una decisione rivoluzionaria e controversa.
La mannaia del protezionismo a stelle e strisce è pronta a essere calata sulle teste dei colossi dell’auto. Secondo quanto ha reso noto la Casa Bianca, Donald Trump ha dato avvio alle indagini sulle importazioni di automobili negli Stati Uniti.
L’indiscrezione è stata riportata dal Wall Street Journal, che ha descritto un incontro tra il presidente americano e il segretario al commercio Wilbur Ross. L’intenzione di Trump sarebbe quella di ricorrere alla “Sezione 232” del Trade Expansion Act del 1962.
Nello specifico, potrebbero essere introdotti dazi protettivi fino al 25% sulle vetture importate nel territorio americano. Una decisione che, se confermata, potrebbe avere riflessi negativi sui Paesi alleati dell’Europa e sull’industria automobilistica.
La sicurezza prima di tutto.
Alla base ci sarebbero motivazioni legate alla sicurezza nazionale. Il Trade Expansion Act permette in questo caso al presidente americano di introdurre tariffe doganali sui prodotti importati negli Usa senza passare dall’autorizzazione del Congresso. Secondo quanto rivelato dal Wsj, Trump avrebbe chiesto al Dipartimento al Commercio di avviare un’inchiesta sulle importazioni di auto, quali berline, Suv, furgoni e truck.
In base alla normativa vigente, entro 270 giorni, dovranno essere presentate le conclusioni al presidente americano che poi avrà tre mesi di tempo per decidere. I tempi non si preannunciano brevi. Ed è ancora tutto da vedere se, dopo i vari proclami fatti a più riprese, questa sarà davvero la volta per vedere realizzato uno dei capisaldi della politica di Trump. Che non ha mai fatto mistero di avere a cuore le auto e la protezione dell’industria americana a quattro ruote.
Attualmente gli Stati Uniti, in base al trattato World Trade Organisation (WTO), applica dazi del 2,5% sui veicoli leggeri. E del 25% sui truck in arrivo sul suolo americano da Paesi con cui gli Usa non hanno un’intesa commerciale. Si fa presto allora a capire la portata rivoluzionaria di questa svolta, qualora dovesse andare in porto.
Opinione pubblica divisa.
La decisione, com’era naturale che fosse, ha creato un’ondata di malumore diffusa. E spaccato in due l’opinione pubblica nazionale e internazionale. Il folto partito degli scettici è guidato dal portavoce del ministro degli Esteri cinese Gao Feng, che “si oppone all’abuso delle clausole sulla sicurezza nazionale che danneggerà seriamente i sistemi del commercio multilaterale”.
“Seguiremo da vicino la situazione dell’indagine Usa e faremo una piena valutazione del suo possibile impatto, difendendo i nostri legittimi interessi”, ha aggiunto Gao. Facendo trapelare la preoccupazione per il contraccolpo che può avere l’intera industria automobilistica nel suo complesso.
Uno dei più strenui difensori della politica protezionistica è appunto il segretario al Commercio americano, Wilbur Ross. Che ha spiegato: “Ci sono prove tali da suggerire che, per decenni, l’import dall’estero ha eroso la nostra industria domestica dell’auto”. Mentre il sindacato dei metalmeccanici si è schierato dalla parte di Trump, cui è andata la benedizione per questa decisione. Il presidente americano, in una nota, ha dichiarato: “Industrie chiave come quella automobilistica sono cruciali per la forza della nostra nazione”.
La storia si ripete uguale a se stessa.
Un’ulteriore postilla. Le ragioni della sicurezza sono le stesse invocate da Trump e dagli Stati Uniti, quando lo scorso 23 marzo il Congresso ha varato i dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio.
Misure subito introdotte, con alcune eccezioni. Come nel caso dell’Unione Europea, quando le sanzioni scatteranno a partire dal primo giugno dopo un primo iniziale periodo di tregua. Quando si dice: corsi e ricorsi.
Redazione MotorAge.it – Andrea Sicuro