Licenziamento top in Tesla dopo i sabotaggi per Model 3
Tesla annuncia il licenziamento del responsabile della Model 3. Alcune attività in un capannone curato a vista e circondato da tecnologie sensoriali. Ma intanto arriva a produrre 7mila auto a settimana.
Di fulmini a ciel sereno nell’ultimo periodo ne abbiamo visto in Tesla. Questo, se vogliamo, è soltanto l’ultimo episodio controverso.
La compagnia di Elon Musk ha licenziato il responsabile della produzione della Model 3, Doug Field, che aveva preso un congedo soltanto questa primavera. Ufficialmente la ragione era dettata da motivi personali. Sembrava la classica pausa per ricaricare le pile e ripartire con determinazione.
Invece il manager non tornerà più. Le motivazioni dell’azienda californiana si sono limitate a quelle di rito in uno scarno comunicato. “Dopo quasi cinque anni a Tesla, Doug Field lascia l’azienda. Vorremmo ringraziare Doug per il suo duro lavoro nel corso degli anni e per tutto ciò che ha fatto per Tesla”.
Non è tutto oro quello che luccica.
Le motivazioni in realtà sono diverse, più da spy-story. La decisione arriva in un certo senso inaspettata dopo che Tesla aveva comunicato il raggiungimento di un obiettivo cui teneva molto. Ossia, la produzione di 5mila Model 3 alla settimana.
A queste vanno poi aggiunti gli esemplari dell’ammiraglia Model S e del SUV Model X, che portano il totale a oltre le 8mila unità.
Ci sarebbe dunque di che festeggiare per Elon Musk. Se non fosse che, oltre alla causa aperta per i presunti sabotaggi subiti per mano di un ex dipendente, non ci fosse anche quest’altra grana. Perché è indubbio che “morto un Papa, se ne fa un altro” (o in questo caso. licenziato un manager, se ne fa un altro).
Ma è altrettanto vero che questa decisione potrebbe causare nell’immediato altri ritardi nelle consegne della Model 3. Tanto più per i mercati asiatici ed europei (in Italia Model 3 doveva arrivare, dopo un precedente slittamento, almeno subito dopo l’estate).
Probabile che alla confusione in atto abbia pure contribuito il taglio della forza lavoro del 9%, annunciato da Tesla nelle scorse settimane. Taglio che però lo stesso Musk ha voluto ritrattare. E niente smobilitazione.
Intanto la produzione si sposta in un capannone.
Quasi parallelamente la Gigafactory nel Nevada ha spostato alcune attività in un enorme capannone, fuori dallo stabilimento principale.
Una scelta quasi sorprendente per una compagnia che punta molto sull’hi-tech, come dimostrano la sua posizione di vertice nella propulsione elettrica, nelle produzione di batterie super, nonché gli investimenti diretti al sistema Autopilot per la guida autonoma.
“La costruzione della Gigafactory procede per fasi, di modo che Tesla possa incrementare la produzione nelle sezioni già terminate e continuare ad espandersi – ha sottolineato Musk. Attualmente la struttura copre già un’area di oltre 180 mila metri quadrati, che ospitano oltre 470 mila metri quadrati di spazi operativi su più piani. Ad oggi è stato completato oltre il 35 % della Gigafactory”.
Poche ore prima dell’allontanamento del responsabile della Model 3, Musk aveva affermato: “Troppa automazione se non ben gestita può creare inghippi”. Il mistero s’infittisce sempre più, ma fino ad ora i numeri, l’immagine e il business hanno dato ragione al CEO Boss di Tesla.
MotorAge.it Redazione