I 40 anni di Valentino Rossi
Una vita sfrecciando al massimo e divertendosi in sella a una moto. Compie 40 anni il nove volte campione del mondo, Valentino Rossi. Tra vecchie e nuove rivalità, delusioni e vittorie, ripercorriamo la carriera di un mito dello sport che ancora non vuole saperne di ritirarsi.
A vederlo ancora in sella alla sua M1, sembra ancora un ragazzino, al pari di molti altri giovani che si affacciano ora nel mondo dei grandi, la MotoGP.
Nato a Urbino il 16 febbraio 1979, compie 40 anni Valentino Rossi, per molti il più importante esponente delle corse motociclistiche dopo Giacomo Agostini.
Il Dottore: così è stato ribattezzato dopo la laurea honoris causa ricevuta dall’Università di Urbino. Ma anche perché in un’intervista ha affermato: “In Italia, si dice che sei un “dottore” quando sei molto bravo a fare qualcosa”.
Di sicuro, può piacere o meno, il pilota di Tavullia ha dimostrato di saperci fare con una moto. Lo certificano i numeri collezionati in una carriera quasi ventennale e che ancora prosegue, nonostante qualche incidente di troppo e prestazioni non sempre convincenti.
Nove titoli mondiali, sei meno del mito Agostini, 383 gare disputate con 115 vittorie e 232 podi all’attivo. Uno score già leggendario di suo, difficilmente migliorabile.
C’è ne sarebbe già abbastanza per dire basta e cimentarsi in altre esperienze. Ma, come candidamente ammesso anche dal diretto interessato, guidare una moto lo diverte. E finché testa e corpo lo sorreggono, perché smettere?
Vincere è bello, ma rifarlo ancora di più
Del resto, Valentino, come tutti i figli d’arte, era un predestinato. Suo padre, Graziano Rossi, era stato a sua volta pilota tra gli anni Settanta e Ottanta, dapprima nel motociclismo e poi nel rally.
Ciò che non è riuscito a Rossi senior, ovvero conquistare Mondiale, è stato invece raggiunto dal figlio. Ma siccome vincere non è mai facile e rifarlo ancora di più, il primo merito di Valentino è stato sapersi confermare ad alti livelli per tutti questi anni.
Dopo gli esordi nei kart, il primo alloro iridato è arrivato nel 1997, alla seconda stagione nella classe 125, alla guida dell’Aprilia.
Ci vogliono sempre due anni prima di raggiungere il titolo in 250, sempre con il team di Noale, nel 1999. L’inizio del nuovo millennio segna il passaggio alla 500 e il cambio di scuderia. La Honda ci vede lungo e affida la moto a questo giovane poco più che ventenne.
Stesso copione: un 2° posto nell’anno di esordio, poi la gloria. Nel 2002 arriva dunque l’approdo nella classe regina che segna anche l’avvio della sua leggenda.
Quattro successi consecutivi, due con la Honda, i restanti con la Yamaha, la casa a cui si lega nel 2005 e che caratterizzerà la sua carriera. Tanto che, dopo la fallimentare esperienza alla Ducati, Valentino non avrà dubbi sul team dal quale ripartire.
Gallina vecchia fa buon brodo
Più volte Valentino è stato dichiarato per finito dai suoi (tanti) detrattori, che gli davano del vecchio. Tutti prontamente smentiti. Nel 2009, a quasi 31 anni, la conquista del suo nono e ultimo titolo mondiale è stata accompagnata da una maglietta celebrativa che recitava “Gallina vecchia fa buon brodo”. Un modo per scherzare (ma non troppo).
Rimpianti Ducati
La Ducati, dunque, è il suo cruccio più grande. Tante le aspettative che hanno accompagnato il suo ingaggio nel team di Borgo Panigale, nel 2010. In molti speravano di poter rivivere l’epoca d’oro di Casey Stoner, l’unico in grado di portare in bacheca il titolo. Complice una moto poco competitiva, le prestazioni non saranno mai all’altezza del suo blasone.
I tempi probabilmente non erano ancora maturi per la Desmosedici per lottare per alti traguardi, come avviene tutt’ora. Forse non è scoccata la scintilla (capita anche ai migliori), o forse Valentino era l’uomo giusto capitato nel momento sbagliato.
Quel Mondiale perso nel 2015
L’altro grande rimpianto è il titolo sfiorato nel 2015, due anni dopo il suo ritorno alla Yamaha. Il sogno di conquistare il decimo Mondiale infranto nell’ultima gara a Valencia in circostanze che gridano ancora vendetta.
La penalizzazione rimediata a Sepang per il calcio a Marc Marquez, il suo più grande rivale in tempi recenti, che lo costringe a difendere la leadership partendo dall’ultima posizione.
Non basta il quarto posto finale per respingere l’assalto del compagno di team, Jorge Lorenzo, laureatosi campione del mondo anche grazie alla “protezione” del connazionale Marquez. A distanza di anni, una frattura non ancora ricomposta tra il Dottore e il Cabroncito.
Amici mai
Le rivalità sono l’altra grande parte della storia di Valentino. Su tutte, quella con Max Biaggi, spinta molto anche sul piano personale, con scontri sia verbali attraverso la stampa sia fisici.
L’acredine tra i due toccò il punto più alto nel 2001. Due episodi in particolare. Prima nel GP del Giappone, quando Rossi supera Biaggi e gli mostra il dito medio, in risposta a un precedente sorpasso del pilota romano, oltre i limiti del regolamento. Poi a Barcellona i due vengono quasi alle mani, negli istanti precedenti la cerimonia del podio.
L’altro grande dualismo, come detto, con Marquez. Dopo i fatti del 2015, il rapporto tra i due sembrava incanalato sui binari della correttezza e del rispetto reciproci.
Tutto azzerato, in occasione della gara di Termas de Rio Hondo del 2018, quando lo spagnolo manda fuori pista il pesarese che nel dopo gara non gliele manda a dire e rifiuta le sue scuse.
Come il buon vino, invecchiando migliora
Il resto è storia recente. Le ultime due difficili stagioni con la Yamaha (l’ultima senza vittorie), in cui ha comunque salvato il salvabile, con un dignitoso 3° posto, viste le premesse.
Un piazzamento frutto più che altro di sprazzi del talento che sembra essere rimasto immutato. Difficile arrivare a quel decimo titolo che cementerebbe ancora di più la sua leggenda vista anche la folta concorrenza che si è arricchita in questi anni.
Ma il tempo per stupire ancora non sembra essersi ancora fermato. Quel numero 46, siamo certi, lo vedremo sfrecciare sull’asfalto ancora per un po’. E allora tanti auguri, campione.
Redazione MotorAge.it – Andrea Sicuro