Dopo sei decenni da debutto la Mini è ancora una macchina amatissima. Storia di un modello che ha fatto epoca.
Piccola fuori, grande dentro
La leggendaria Mini, prodotta ancora oggi, si deve a Sir Alec Issigonis che nel lontano 1956 riceve dalla British Motor Corporation (BMC) il compito di progettare un’auto più piccola di tutti i modelli a listino nel Gruppo, ma con spazio a bordo abbondante.
Compito non facile che Issigonis accetta con entusiasmo, realizzando una vettura lunga appena 3,05 metri e dall’abitacolo straordinariamente comodo e spazioso. “Piccola fuori, grande dentro” diviene il motto della Mini, è l’epoca della minigonna inventata da Mary Quant e nel Vecchio Continente si respira tutta l’atmosfera di rinascita post bellica, quella che per dirla con parole semplici porterà al “boom economico” degli Anni 60.
La Mini ha una meccanica che occupa non più del 20% dello spazio, mentre il resto è a disposizione dei quattro passeggeri. La sua presentazione avviene nell’agosto del 1959, con marchi Austin e Leyland, e ben presto diviene la beniamina di un pubblico trasversale. Piace quello stile sbarazzino lontano anni luce dalla severità di molti altri modelli Made in GB, così come la gente ne adora il divertimento alla guida e quella sensazione di spazio che ti fa venire voglia di girare il mondo.
Sportiva per caso
La Mini è stata concepita come utilitaria di un certo livello e non sicuramente per essere una sportiva, tuttavia questa qualità emerge immediatamente guidandola. La corsa corta della frizione, lo sterzo diretto e quella capacità di danzare tra una curva e l’altra senza rollio andando in appoggio simultaneamente con le quattro ruote, rappresentano elementi che entreranno nella storia dell’automobile.
Il motore è il 4 cilindri A-Plus proveniente da altri modelli BMC, è montato anteriormente trasversalmente (oggi la maggior parte delle auto al mondo ha questa disposizione) e la trazione è anteriore. Raffinate le sospensioni anteriori a quadrilatero basso che permettono un recupero di camber ottimale nelle curve e il pieno appoggio del pneumatico lungo tutta la traiettoria.
Se pensiamo alle sospensioni antidiluviane di certe concorrenti ci vien da ridere. Salvo poi considerare che la Mini è una vera e propria rivoluzione tecnico stilistica per la quale si è scelto semplicemente il meglio. E quella sportività nata per caso e riassumibile nel concetto di “Go kart feeling” porta alla nascita della Mini Cooper, versione potenziata e che sfrutta al meglio un telaio di assoluta eccellenza.
La prima utilitaria d’elite
Al Mondiale Rally, dove piloti finlandesi faranno le acrobazie al volante della Mini Cooper, conquistando allori su allori. E pensare che a quanto sembra Sir Alec Issigonis di competizioni per la Mini non ne voleva nemmeno sentire parlare. Ma la Mini diventa un successo commerciale notevole pur essendo molto probabilmente la prima utilitaria d’elite mai concepita.
In Italia negli Anni 60 e 70 viene prodotta su licenza dalla Innocenti, con migliorie nel comfort, finiture e verniciatura rispetto al modello originale. Versione di punta della Mini italiana è la Cooper 1300 da 71 CV, capace con i suoi 11”3/10 nello scatto da 0-100 km/h di far venire il magone ai proprietari di Alfa Romeo GT Junior 1.3 (0-100 km/h in 12”3/10).
Il resto è storia dei nostri giorni. La Mini trascorre gli Anni 80 e 90 con poche modifiche, fino ad alla vera e propria seconda generazione nata nel 2001 sotto l’egida del BMW Group. Il colosso di Monaco, infatti, compra il marchio Mini. Investe parecchi quattrini in ricerca, progettazione e produzione e fa in modo che la Mini nasca ancora oggi ogni giorno, tramandandosi di generazione in generazione.
Motorage.it – La redazione