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Kimi Raikkonen: 40 anni di italianità

“Iceman” Kimi Raikkonen compie 40 anni. Riviviamo la storia di un predestinato al successo, dagli esordi con Sauber e McLaren agli otto anni con la Ferrari, a cui ha regalato l’ultimo Mondiale e da cui è stato forse troppo frettolosamente scaricato.

Un traguardo importante per un’icona della Formula1, da sempre legato ai colori del nostro Paese. Compie 40 anni Kimi Raikkonen, nato a Espoo, in Finlandia, il 17 ottobre 1979.

Da quest’anno al volante dell’Alfa Romeo, “Iceman”, così è soprannominato, è il pilota più anziano a gareggiare ancora nel circus.

Legato ai colori della Ferrari, con cui ha corso per otto stagioni (seppur non consecutive) e ha vinto anche l’ultimo titolo mondiale custodito nelle bacheche di Maranello.

Il suo apporto è stato da molti (anche ingiustamente) dimenticato, complice anche la sua nota riservatezza che non l’ha reso molto popolare tra i media.

Eppure dietro ai successi dei compagni c’era spesso il suo contributo. Andiamo quindi a ripercorrere la carriera di un uomo che ha unito la sua storia con quella del nostro Paese.

A riprova di questo anche il suo italiano fluente, che testimonia quanto Kimi abbia ormai messo radici in Italia.

Un talento subito in grado di fare la differenza

Kimi ha respirato l’adrenalina delle corse sin dall’infanzia. Suo fratello Rami, di due anni più grande, è infatti un pilota di rally che gareggia nel campionato finlandese di Formula 3.

A otto anni mosse i primi passi nel kart. Nel 1999 l’approdo nel campionato britannico di Formula Renault, con il team Manor. L’anno successivo la vittoria del titolo, con sette successi in 10 gare. Che il giovane Raikkonen fosse destinato a grandi cose nel circus, lo si era già intuito.

Le sue prestazioni furono notate da Peter Sauber, fondatore dell’omonima scuderia, che lo invitò a una sessione di test sulla pista del Mugello.

Correva l’anno 2000. I suoi tempi e prestazioni furono migliori di quelli del collaudatore Enrique Bernoldi e convinsero Sauber a ingaggiarlo per il campionato 2001.

Una scelta per certi versi anche controtendenza, se si pensa che il finlandese aveva fin lì disputato soltanto 23 gare, senza aver mai fatto la gavetta nei tradizionali campionati propedeutici come la Formula 3. Ma quando c’è la stoffa, non c’è età che tenga.

Il titolo era soltanto questione di tempo

Il debutto nel GP di Australia ha subito fatto ricredere gli scettici: un brillante 6° posto, poi migliorato nel corso della stagione con un quinto e due quarti posti.

A fine anno arriva un’onorevole decima posizione, non male per un rookie. Fatto che convinse la McLaren a puntare subito su di lui.

Nel 2002 la casa di Woking paga 50 milioni di euro per averlo al fianco di David Coulthard.

Al debutto con la nuova scuderia, ancora nel GP di Australia, arrivò il suo primo podio in carriera: 3° con il giro più veloce. A fine anno Kimi arriva 6°.

Per vedere la prima vittoria bisogna invece aspettare l’anno successivo. GP di Malesia del 2003, una stagione che lo vede grande protagonista nella lotta per il titolo, mancato per due soli punti e andato al ferrarista Michael Schumacher.

Ormai Raikkonen è lanciato verso alti traguardi: nel 2005 un’altra medaglia d’argento, stavolta dietro alla Renault di Fernando Alonso.

La parabola di Kimi coincide con quella della Ferrari

Ma in molti è forte la consapevolezza che sia soltanto questione di tempo prima che il finlandese possa mettere le mani sul titolo.

Cosa che avviene nel 2007, alla stagione di esordio con la Ferrari, in un campionato risolto soltanto all’ultima corsa, in quel di Interlagos, beffando Lewis Hamilton.

Un peccato che, con il passare degli anni, il finlandese non sia riuscito successivamente a replicare le belle prestazioni degli esordi che forse l’avrebbero potuto portare a lottare ancora per il Mondiale.

Nel 2008 un 3° posto, dietro al compagno di team Felipe Massa e a Hamilton che si prende la rivincita a discapito del team di Maranello.

Da lì la parabola discendente di Kimi, che in un certo senso è stata anche quella della Ferrari, poche volte rivelatasi competitiva se non in sporadiche eccezioni.

Nel 2009, dopo una stagione opaca conclusa al 12° posto, l’annuncio del ritiro per dedicarsi al rally.

La metamorfosi di Raikkonen: da leader a fido scudiero

Il richiamo delle corse è però troppo forte e nel 2012 il finlandese ritorna in sella, alla Lotus.

La prima stagione si rivela subito positiva con il 3° posto finale ottenuto con una scuderia giovane, al primo anno tra i “grandi”.

L’anno successivo viene reso noto il suo ritorno alla Ferrari. La sua seconda esperienza con il Cavallino non si rivelerà esaltante per Kimi, ormai diventato “adulto”.

Sono le stagioni dominate dalle Mercedes, che regalano le briciole agli avversari. Per rendere l’idea, la prima (e unica) vittoria di Raikkonen nella sua seconda esperienza a Maranello arriverà nel GP degli Stati Uniti 2018: cinque anni, sette mesi e quattro giorni dopo l’ultima vittoria.

Una gioia amara perché nel frattempo era già stata resa nota la sua separazione dalla Rossa, per fare posto a quel Charles Leclerc che di lì a poco avrebbe rimpiazzato all’Alfa Romeo.

Una scelta che, vista oggi, si è rivelata vincente per quanto dimostrato dal giovane monegasco nel suo primo anno in Ferrari. Ma che allora ha suscitato qualche perplessità: l’ultima stagione ha infatti segnato il suo miglior risultato dal suo ritorno, con 251 punti raccolti e il 3° posto finale.

Forse troppo frettolosamente dimenticato, eppur sempre in grado di sacrificarsi per ragioni di scuderia. Come quando in Ungheria, nel 2017, ha protetto le spalle al compagno Sebastian Vettel, tenendo alle spalle le Mercedes, per aiutare il compagno nell’inseguimento a quel titolo che non è mai arrivato.

Non è ancora tempo per i saluti definitivi

Il Kimi alfista è l’ultima parentesi di un pilota generoso che probabilmente ha già vissuto gli anni della sua carriera. Ma che ancora ha molto da dare.

Non a caso il Biscione l’ha scelto per aiutare il debuttante Antonio Giovinazzi nella sua crescita professionale e al contempo aiutare il team a riportarlo ai fasti di un tempo, dopo un’assenza di trent’anni dalle corse.

E chissà che, come spesso si dice, “invecchiando si migliora”. Nel frattempo tanti auguri, Kimi.

Redazione MotorAge.it – Andrea Sicuro

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