Risale al 1979 la prima applicazione del propulsore Alfa 6 cilindri a V di 60°, ribattezzato dagli appassionati con il nome V6 “Busso” come il suo celebre progettista.
Un motore longevo
Il V6 “Busso” è l’ultimo motore di progettazione e produzione al 100% Alfa Romeo, poiché il suo studio, la sperimentazione e la realizzazione sono avvenuti nello stabilimento Alfa di Arese chiuso definitivamente nel 2005. Inoltre, essendo stato prodotto in diverse varianti, dal 1979 al 2005 si è dimostrato anche longevo e adatto a diversi modelli. I primi studi risalgono al 1968, anno in cui comincia a girare al banco il primo prototipo di questo straordinario motore progettato dall’ingegner Giuseppe Busso.
Ma la sua prima applicazione avviene nel 1979, in versione 2.5 sulla berlina ammiraglia Alfa 6. Vettura arrivata in ritardo di almeno sette anni rispetto alle previsioni. Ben presto, pur montato su una vettura non certo leggera, il nuovo V6 Alfa di 2.495 cc con angolo di bancata pari a 60° si dimostra elastico fin dai regimi più bassi, per divenire sempre più corposo man mano che salgono i giri.
Inoltre, la sonorità stupenda che si ricorderà nel tempo, era un chiaro invito a “tirare le marce” al limite per il puro gusto di sentire questa “sinfonia meccanica” nel suo massimo spiegamento di potenza. Inizialmente il V6 Alfa viene proposto alimentato a carburatori, ma ben presto passerà all’iniezione.
Sull’Alfetta GTV6 si scopre il suo potenziale
Le prime grandi soddisfazioni in termini di performance, il V6 “Busso” le da nel 1980 sull’Alfetta GTV6 2.5. Grazie al minor peso rispetto all’Alfa 6 e a un coefficiente aerodinamico di 0,39, il motore da 160 CV porta il Coupé di Arese ad accelerare da 0 a 100 km/h in 8” netti. La velocità massima effettiva era di 220 km/h anche se l’Alfa dichiarava “solo” 205 km/h. Ma in realtà si raggiungevano ben 15 km/h in più, con il tachimetro che si fermava dalle parti dei 230 orari.
E proprio con l’Alfetta GTV6 2.5, il V6 Alfa profondamente elaborato ha contribuito a vincere tre Campionati Euroturismo. Passano gli anni e il V6 “Busso” continua la sua straordinaria carriera. Viene montato anche sulle GTV6 e Milano destinate agli USA con tanto di catalizzatore perdendo poco o nulla in termini di potenza e performance.
Uno dei motori più belli da vedere
Anche su Alfa 90 del 1984 e 75 2.5 V6 del 1985 assicura prestazioni superiori a ogni concorrente diretto. Nel frattempo nasce la versione 3.0 da 192 CV destinata alla versione di punta dell’Alfa 75. Ma la vera rivoluzione avviene con l’Alfa 164 del 1987. Infatti, per via della trazione anteriore, il V6 “Busso” viene collocato trasversalmente anziché longitudinalmente con non poche modifiche ma conservando inalterato il carattere di sempre.
Con questo nuovo layout diventa uno dei motori più belli da vedere al mondo, grazie agli inconfondibili condotti lucidati bene in vista. Il V6 Alfa per antonomasia continua la propria carriera anche quando Fiat Auto diviene proprietaria di Alfa Romeo. Tanto è vero che lo vedremo su vetture come Lancia Thema, K, Thesis e perfino sulla Fiat Croma. Inoltre, nel corso degli anni nascono una versione 2.0 Turbo con potenze comprese tra 200 e 215 CV e il 3.0 con testata a 24 valvole. Quest’ultima costituirà un’importante novità e di serie vedrà applicazioni esclusivamente trasversali.
Le competizioni e l’evoluzione
Il V6 “Busso” esprime tutta la propria potenzialità sull’Alfa 155 V6 che nel 1993 “straccerà” in casa le vetture tedesche al DTM. Anche questo contribuisce a farlo entrare nel mito dell’automobilismo mondiale. Passano gli anni e la sua massima evoluzione per la produzione di serie arriva nel 2001, quando viene presentato il 3.2 (3.179 cc) destinato alle 156 e 147 GTA.
Con i suoi 250 CV fa di questi modelli tra i più potenti a trazione anteriore e si distingue per essere il migliore della sua stirpe. Pronto ad ogni regime, “cattivo in alto” e con un sound ancor più coinvolgente fa breccia nel cuore degli Alfisti di tutto il mondo. L’impianto di scarico è progettato in modo da esaltare il suono, nonostante la presenza dei catalizzatori.
Senza contare che rispetta già la severa normativa antinquinamento Euro 4. Inoltre, nasce anche in versione da 240 CV per l’Alfa GT del 2004 e da 230 CV per Lancia Thesis. La produzione avviene sempre ad Arese, dove si è anche svolta la progettazione di questa evoluzione. Curioso notare, inoltre, che sul finire degli Anni 90 era nato e girava al banco un inedito V6 2.5 “Busso” biturbo erogante 308 CV. Era destinato alla versione di serie della Nuvola, ma poi quello straordinario coupé non fu mai messo in produzione. E non era la prima volta che, in era Fiat, “i sogni svanivano all’Alfa”).
Il glorioso V6 “Busso” viene mandato in prepensionamento
Dopo il debutto del 3.2, al Centro Tecnico Alfa Romeo lavorano ininterrottamente alla nuova versione 3.5 a 300 CV che sarà montato sulla 156 GTAM. Anche in questo caso sia il propulsore che la vettura rimarranno allo stadio prototipale. Nel frattempo, in base all’alleanza Fiat-General Motors, le 159 e Brera attese nel 2005-2006 avranno un 6 cilindri a V 3.2 di derivazione Holden, riprogettato al Centro Tecnico di Arese.
Ma non sarà la stessa cosa e il glorioso V6 “Busso” viene mandato in “prepensionamento”, con l’uscita di produzione alla fine del 2005. E pensare che aveva ancora potenzialità, anche in termini di normative antinquinamento future. Ma una politica dell’allora Fiat Auto aveva deciso di chiudere quel che rimaneva della produzione Alfa Romeo ad Arese, dove il “Busso” veniva realizzato. Perfino la Cosworth si era accorta della straordinaria attualità del motore, tanto da offrire a Fiat Auto di rilevarne la produzione ma ricevendone un no.
Da allora Alfa Romeo non ha più avuto un V6 tutto proprio. Tanto è vero che l’attuale motore 2.9 bi turbo da 510 CV che equipaggia le versioni Quadrifoglio di Giulia e Stelvio ha diverse tecnologie d’ispirazione Ferrari. Tenendo contoche alla sua realizzazione hanno contribuito ingegneri che hanno lavorato sulle ultime evoluzioni del V6 “Busso”, compresa quella con due turbocompressori mai nata…
Gian Marco Barzan