Clint Eastwood e GRAN TORINO
In onore del 90° compleanno di Clint Eastwood riproponiamo la storia del suo film Gran Torino. Un modello Ford tanto desiderato e che diventa simbolo di un racconto storico. Gran Torino parla del popolo che aiutò la CIA nel Laos, e che ora vive negli States. Parla dell’amicizia di un ragazzo Hmong con il rude veterano Kowalski, pronto poi a dare la vita per un principio. La Ford diventa così il simbolo dell’ostinazione verso la giustizia. – Foto Gallery –
Voglio personalmente rendere onore a un grande personaggio dei nostri tempi, Clint Eastwood, che compie 90 anni. Sempre in forma, a dimostrare che l’età anagrafica conta meno dello spirito e della forza interiore. Clint Eastwood come attore, poi altrettanto prolifico regista e produttore, è anche un personaggio dall’enorme umanità. Uno di quelli che vogliono levare da sotto il tappeto lo sporco nascosto e far scoprire cosa si nasconde sotto. Raccontare storie vere.
Lo ha fatto in tanti i film che ha diretto e prodotto, come in Gran Torino.
Un modello Ford per ricordare la storia
Anche se il film prende il nome di un’automobile, non centrano le rincorse mozzafiato o i virtuosismi rallistici. No. In questo caso la Gran Torino che titola il film, nome di un modello Ford del 1972, è un simbolo; anzi vari simboli. Richiama la vita spesa alla Ford di Detroit dal personaggio di Eastwood.
E’ l’America che è cambiata, ed è anche la forza di un sogno senza tempo, che ammaliava ieri come oggi, in un mondo dai valori distorti.
Il film fa conoscere un popolo antichissimo che si è trovato a intrecciarsi con il mondo americano.
Un rude che ringhia, lucida l’auto e difende i prodi
Clint Eastwood, che firma la regia ed è anche protagonista, racconta le vicissitudini di un veterano della guerra di Corea, Walt Kowalski (“un personaggio che conosco bene – ha detto Eastwood – ho combattuto quella guerra anch’io”).
Un carattere rude che ingurgita confezioni di birra e ringhia alla gente. Che se tratta il suo vecchio cane come un figlio, poi bacchetta i suoi avidi figli e non vede di buon occhio certi asiatici che ieri ha combattuto e oggi hanno cambiato la fisionomia del suo quartiere. Fino a che non si trova a volernene difendere qualcuno.
A difesa dei valori sacri
Perché a farlo uscire dal suo mondo da lupo solitario è proprio l’incontro tra i classici valori americani e quelli di una famiglia della comunità Hmong: la patria e la famiglia sono sacri.
Gli Hmong hanno creato con gli americani legami sottili che pochi conoscono. Perseguitati dal partito comunista vietnamita non tanto per la loro fedeltà alla deposta famiglia reale, quanto per gli accordi con la CIA nell’affiancare i soldati americani contro l’esercito nord-vietnamita.
Quando gli americani abbandonarono Saigon, in circa 300 mila Hmong ottennero asilo politico.
A ridare a Kowalski il piglio del giustiziere è proprio l’amicizia con i vicini di casa Hmong, una famiglia del Laos finita nel mirino di una gang criminale del quartiere. In particolare l’amicizia con i ragazzi, Ton e Sue, gli fa scoprire e riscoprire la voglia di tutelare i migliori pincìpi.
L’importanza della lealtà
“Esistono intere generazioni di famiglie di profughi Hmomg, portatori di antichissimi rituali, di cui gli americani e il mondo occidentale sanno poco o nulla” dice Clint Eastwood. E forse anche per questo Eastwood regista ha voluto attori freschi.
Un film sull’ostinazione nel valorizzare i valori di lealtà, a costo del sacrificio.
La Gran Torino diventa così l’auto premio per il ragazzo Hmong. Quell’auto che il rude veterano gli ha insegnato a rispettare, a prendersene cura. A desiderarla con tutto se stesso.
La Gran Torino non sfreccia, non sgomma, ma viene accompagnata a trotterellare come un veterano che non ha più bisogno di dimostrare nulla, se non rappresentare quella forza di giustizia che deve sopravvivere di generazione in generazione.
MotorAge.it | Fabrizio Romano
Auguri miglior attore preferito in tutti ruoli , buon compleanno
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