Nuova sentenza Dieselgate: cliente VW vince ma non troppo
E’ stata emessa dal tribunale tedesco una nuova sentenza sul Dieselgate, che fa notizia perché riguarda un cliente automobilista tedesco e non una delle varie Class Action o azioni legali collettive. Volkswagen perde senza perdere, perché deve pagare, ma non quanto richiesto. E alla fin fine rimane nelle forme preventivate.
Il tribunale tedesco ha emesso una sentenza sul caso Dieselgate che porta la Volkswagen a dover risarcire un proprio cliente.
Ricordiamo che lo scandalo “Dieselgate” nacque oltre cinque anni fa quando la casa automobilistica tedesca, colta sul fatto, ammise di aver manipolato i software dei motori Diesel dei veicoli per ingannare i test sulle emissioni inquinanti.
Lo scorso 25 maggio il tribunale federale della Germania ha decretato una sentenza verso Volkswagen. La Corte tedesca si è infatti pronunciata a favore di Herbert Gilbert, che aveva acquistato una Volkswagen Sharan per € 31.500 nel 2014. Con la sentenza Volkswagen è stata condannata a pagare un risarcimento di € 25.000. Come un rimborso del prezzo di acquisto meno una commissione per l’utilizzo dell’auto.
Comunque una bella cifra, ma che permette al colosso teutonico di risparmiare sull’ammontare totale ed evitare oneri accessori.
Tutto sommato a Volkswagen va bene, anche se la sentenza viene ritenuta da molti un punto focale nelle lotte legali legate allo scandalo Dieselgate. La sentenza vincolante andrebbe ad aprire nuove prospettive per procedimenti simili da parte dei clienti.
Di fatto, secondo la sentenza, il cliente ha diritto a un rimborso parziale al momento della restituzione del veicolo a VW. Il brand si è comunque detto pronto a risarcire i singoli clienti, ma sempre in un’ottica parziale e comunque secondo una valutazione caso per caso.
La ragione dell’etica vince, ma vince anche la politica economica
I giudici in Germania avevano già stabilito che il gruppo Volkswagen sarebbe stato obbligato a pagare un risarcimento, ma che i clienti non avrebbero ricevuto l’intero prezzo di acquisto del loro veicolo. Invece, avrebbero ricevuto una semplice “compensazione di utilizzo”
“Il comportamento degli imputati deve essere considerato non etico”, ha dichiarato il giudice presiedente Stephan Seiters nella sentenza della Corte. Ma i clienti hanno diritto a un rimborso finanziario solo parziale. Risarcimento in cui dovrebbe essere tenuto da conto anche il chilometraggio dell’auto in questione.
Dieselgate per 11 milioni di veicoli
Nel settembre 2015, la Volkswagen ammise all’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti di aver installato software in 11 milioni di veicoli in tutto il mondo che le hanno permesso di ingannare i test delle emissioni.
Lo scandalo, soprannominato “Dieselgate”, ha portato a una crisi di fiducia per l’intera industria automobilistica. Non a caso, successivamente si sono scoperte manipolazioni dei motori da parte di altri produttori. Ma VW è stata la prima ed è rimasta l’emblema di una tendenza all’inganno sulle emissioni che stava diventando abitudine.
Class Action a go-go
Negli Stati Uniti, in Canada e altri Paesi l’accordo nei confronti delle class action aveva già superato i 25 miliardi dollari. Inclusi i pagamenti concordati in Australia e Regno Unito. Ma anche in Germania le azioni legali collettive hanno portato il Gruppo VW a mettere in conto 1,2 miliardi. A questi si aggiunge il risarcimento danni a 235.000 clienti nel proprio Paese per circa 830 milioni di euro.
Comunque, la sentenza ottenuta dal cliente VW tedesco ha dato nuova vitalità a Euroconsumers. L’organizzazione per la difesa dei consumatori europei ha preso lo spunto per rifarsi avanti. Con i suoi membri (Test Achats in Belgio, OCU in Spagna, Altroconsumo in Italia e Deco Proteste in Portogallo) sono in corso una serie di azioni collettive contro il gruppo Volkswagen. Ed Euroconsumers ha ripreso a strillare a VW che risarcimenti sono ancora attesi anche in questi Paesi europei.
In Italia sono oltre 75.000 le adesioni alla class action promossa da Altroconsumo davanti al Tribunale di Venezia.
MotorAge.it | Redazione
Solo in Italia non hanno pagato una ceppa!